mercoledì 20 dicembre 2023

Articoli vari.

 


 

LO SCHIAVISMO NEI PAESI ISLAMICI

Nel mondo mussulmano il consenso divino alla pratica della schiavitù rappresenta una norma codificata e regolata al suo interno da una serie di specifiche “indicazioni” relative ai rapporti tra proprietario e servo e ai loro diritti e doveri.

 

di Alberto Rosselli

Come è noto, il Corano non soltanto ammette l’esistenza della schiavitù come un fatto permanente di vita, ma addirittura detta le regole per la sua stessa pratica. D’altra parte, l’antica legge islamica riconosce di fatto l’ineguaglianza fondamentale tra gli uomini appartenenti a diverse religioni e, di conseguenza, quella tra padrone e schiavo (Corano, 16:71; 30:28). In pratica, il Corano assicura da secoli ai suoi fedeli il diritto, teorico e sostanziale, di possedere servi (per essere più precisi: di “possedere i loro colli”) sia attraverso la libera contrattazione di mercato, sia come bottino di guerra (58:3). Non a caso, lo stesso Maometto ebbe dozzine di schiavi, sia maschi che femmine, che era solito utilizzare per certe mansioni o vendere. “L’acquisizione dei servi è regolata dalla legge…ed è possibile per il mussulmano uccidere un infedele o metterlo in catene, assicurandosi in questo caso anche la proprietà legale dei suoi discendenti nati in cattività” (trascrizione dall’opera prima del teologo Ibn Timiyya, Vol. 32, p. 89).

Al contrario, nessun mussulmano potrà mai detenere schiavi della sua stessa religione, “poiché quella islamica è la più nobile e superiore delle razze” (Ibn Timiyya, Vol. 31, p. 380). Nel corso dei secoli il presupposto di matrice cristiana e occidentale di libertà personale quale condizione naturale e inalienabile dell’essere umano non è mai entrato a fare parte del bagaglio culturale e religioso dell’Islam: dottrina religiosa impermeabile agli influssi del Diritto Naturale. Nel mondo mussulmano, infatti, il consenso divino alla pratica della schiavitù rappresenta una norma codificata e regolata al suo interno da una serie di specifiche indicazioni relative ai rapporti tra proprietario e servo e ai loro diritti e doveri. Anche se a ben vedere, per lo schiavo il diritto corrisponde a soli doveri, assolti i quali per costui è possibile fruire della “compassione” del padrone.. La disobbedienza di un servo nei confronti del proprietario può infatti comportare gravi sanzioni e la sospensione della suddetta “compassione”: Secondo l’Islam, “esistono due esseri umani le cui preghiere non saranno mai accettate, né i loro meriti riconosciuti nell’altra vita: lo schiavo che fugge e la donna che non fa felice il proprio marito” (Miskat al-Masabih Libro I, Hadith, 74). Va detto che in origine il Corano prescriveva un avvicinamento umanitario allo schiavismo, suggerendo perfino trattamenti di riguardo nei confronti degli infedeli di un paese conquistato. Questi potevano infatti vivere all’interno della comunità mussulmana come un individuo (dhimmis), almeno finché erano in grado di pagare particolari tasse chiamate kharaj e jizya. Ciononostante, con l’espandersi del dominio islamico (VIII secolo d.C.), i dettami del Corano in materia di schiavismo iniziarono ad essere interpretati in maniera sempre più restrittiva e severa, sia nei confronti delle popolazioni africane animiste, sia verso i cristiani, gli ortodossi, gli induisti e i buddisti.

Già a partire dalla seconda metà del VIII secolo d.C, i mercanti mussulmani avviarono nell’Africa sahariana e sub-equatoriale un intenso traffico di schiavi neri prelevandoli soprattutto dalle regioni corrispondenti agli attuali Mali, Senegal, Niger, Chad meridionale, Nigeria, Camerun, Kenya e Tanzania. Strappati alle loro terre, milioni di individui vennero trasferiti con la forza verso i grandi mercati del Marocco, della Tunisia, dell’Egitto e della penisola araba per essere venduti o scambiati. Pratica che andò a vanti per secoli. Fino al XVII secolo, ogni anno il regno nubiano (Sudan) era obbligato ad inviare al governatore musulmano del Cairo a titolo di tributo un grosso quantitativo di schiavi neri. I nubiani e gli etiopi, con i loro fisici snelli e i loro nasi sottili, venivano solitamente preferiti ai più robusti e meno aggraziati bantu o mandingo dell’Africa centrale e occidentale, utilizzati per i lavori più duri e per le pratiche di guerra.

Contrariamente allo schiavismo cristiano-occidentale, che durò poco più di 300 anni (più o meno dalla metà del XVI a poco oltre la metà del XIX secolo) e che comportò la tratta di circa 12 milioni di individui africani trasferiti nelle Americhe, quello di matrice islamica andò avanti per ben 1.400 anni (dal VIII al XX secolo) diventando una dell’attività commerciali più remunerative gestite dai mercanti mussulmani, soprattutto quelli della penisola araba (Gedda fu uno dei mercati più importanti). Si calcola che nell’arco di 14 secoli i mercanti mussulmani abbiano messo in catene oltre 100 milioni di soggetti negroidi. Contrariamente a quanto accadde nel Nord America anglosassone dove, a partire dalla seconda metà del 1700, agli schiavi neri africani, impiegati soprattutto in agricoltura, era concesso mettere su famiglia, vivere in proprie case, coltivare piccoli appezzamenti e praticare un commercio minimo, nel mondo mussulmano non accadde mai nulla di simile. I servi erano, infatti, costretti a separarsi dalle famiglie, a vivere in recinti o in tuguri e ad essere sottoposti ad umiliazioni dolorose, come ad esempio l’infibulazione per le ragazze e la castrazione per i maschi. Sebbene la legge islamica richiedesse ai proprietari di trattare umanamente i propri schiavi e a fornirgli cibo e perfino cure, i mercanti e i padroni mussulmani si comportarono quasi sempre con estrema durezza. Secondo alcune consuetudini in vigore per secoli in Mauritania, in Sudan e nella penisola arabica, i servi non avevano diritto ad alcuna proprietà e potevano sposarsi soltanto con il permesso del loro proprietario, al quale spettava tra l’altro ogni diritto sulla prole. Per la cultura islamica lo schiavo rappresentava insomma una sorta di bene mobile e da riproduzione da trattare ed utilizzare nei modi più convenienti. E’ interessante ricordare che la conversione dello schiavo all’Islam spesso non sortiva di fatto alcun beneficio all’individuo. Nella massa, soltanto pochi servi neri convertiti, e dotati di particolari requisiti intellettivi o fisici, potevano ambire, dopo una lunga prigionia, ad un regime di semilibertà accettando di diventare soldati, eunuchi, governanti di casa e di harem o, nel caso delle donne, amanti o prostitute.

Il primo massiccio utilizzo di schiavi neri da parte di un regno mussulmano si verificò quando nel IX secolo il califfo di Baghdad ne acquistò diverse migliaia da mercanti africani da impiegare in agricoltura. Una violenta ribellione mise tuttavia fine a questo esperimento, inducendo gli arabi ad evitare il concentramento in un solo luogo di un numero troppo elevato di servi. Successivamente, i califfi iniziarono ad utilizzare i neri principalmente come domestici, o, nel caso di donne o fanciulli, per i propri piaceri sessuali.

Dopo il declino arabo, la pratica della schiavitù venne mutuata dai turchi che la esercitarono ampiamente nei Balcani, in Russia meridionale e in certe zone del Caucaso (soprattutto nell’Armenia cristiana). Le tribù tartare della Crimea, che godevano della protezione dall’impero ottomano, si specializzarono nella caccia agli schiavi cristiani che poi rivendevano sul mercato di Istanbul e di altre città anatoliche. Un’altra importante fonte di schiavi “bianchi” e cristiani fu la pirateria mediterranea, esercitata soprattutto dagli algerini che per secoli terrorizzarono le popolazioni costiere italiane.

Il traffico degli schiavi da parte dei mercanti mussulmani andò avanti per secoli e bisognò attendere il 1962 per vedere l’Arabia Saudita abolire ufficialmente questa pratica, seguita nel 1982 dalla Mauritania. Anche se va comunque detto che attualmente in Arabia Saudita lavorano ancora 250.000 schiavi de facto, cioè cristiani africani e cristiani filippini che in cambio di vitto, alloggio e bassa paga, vivono in una condizione di costrizione e mancanza di libertà pressoché totale. Ricordiamo anche che, sempre in Arabia Saudita, numerosi schiavi bambini importati dall’Africa vengono diffusamente impiegati – dato il loro trascurabile peso – come fantini negli ippodromi e, soprattutto, nelle gare di corsa dei dromedari e dei cammelli. Sempre ai giorni nostri, in Mauritania e in Sudan la schiavitù viene egualmente tollerata dai locali regimi islamici sostenitori, tra l’altro, di idee palesemente razziste, in senso antropologico, nei confronti dei neri. Nulla di strano in quanto – contrariamente a quanto si possa pensare – molti dotti islamici del passato, ma anche del presente, hanno sempre appoggiato con vigore tali teorie sostenendo che “un mussulmano non potrà mai costringere la sua bella e giovane serva ad unirsi ad un orrendo schiavo nero, se non in caso di estrema necessità” (Ibn Hazm, Vol. 6,Part 9, p. 469).

 


 

 

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martedì 3 ottobre 2023

Chi è Alberto Rosselli.


 

Alberto Rosselli is a journalist registered in the National Register, he has carried out duties as a war correspondent for various newspapers. A historical and geopolitical essayist, he specializes in the Middle Eastern and Anatolian-Caucasian areas. He was born in Genoa, the city where he lives, on 2 March 1955. He graduated in Diplomatic Sciences, Faculty of Genoa. From 1995 to 2000 he was a member of CORERAT (Control Committee of Radio and Television Systems of the Liguria Region) and since 2019 he has been a member of the board of directors of the Accademia Ligustica of Genoa. He has collaborated and collaborates with Italian and foreign newspapers and with various thematic sites on history, ethnology, military and diplomatic history and geopolitics. He has to his credit some works of fiction and several essays including: Quebec 1759, The Anglo-French Conflict in North America 1756-1763; The Sunset of the Crescent; Anti-Soviet resistance in Eastern Europe 1944-1956; The Last Colony; The Armenian Holocaust; Secret Stories of the Second World War; The persecution of Christians in China; The Greek Civil War 1944-1949; The America that never was; Ottoman aviation during the First World War; In the skies and on the oceans (stories of Italian aviators and sailors); The epic of the convoys and the war in the North Sea; Air and naval operations in the Ligurian Sea 1940-1945; The Vikings in America and climate changes; Islam and Nazi-fascism and the Islamic Caliphate and the claims of ISIS; The Fratricidal War (The Chinese Civil War); The Iraqi nationalist uprising of 1941 and Afghanistan, a crossroads of interests and wars. Part of the aforementioned works have been translated into French and English. Rosselli is currently the Editor-in-Chief of the magazine Storia Verità (www.storiaverita.org).

 

mercoledì 13 settembre 2023


 

Gli articoli più recenti della Rivista 'Storia Verità'.
Visita il sito: www.storiaverita.org
 
Nagorno Karabakh: su una guerra infinita l’ombra di un nuovo genocidio (Seconda parte). Di Emanuele Aliprandi.
Comprendere il presente raccontando il passato. Il tema controverso delle sanzioni internazionali preliminari alternative alla guerra. Una casistica di danni economici fra storia antica e moderna. Di Giuseppe Moscatt.
‘Tutti a casa’: Quattro righe per ricordare la resa italiana del Settembre 1943. Una pagina di Storia poco edificante. Porre le armi di fronte ad un nemico strapotente può essere una scelta accettabile, in taluni casi addirittura intelligente, ma farlo senza chiarezza e dignità lascia un vuoto valoriale ben difficile da colmare.
La Storia non è sempre un film. ‘Comandante’: un regista trasforma la figura di un sommergibilista combattente in un samaritano del mare, sotto sotto pacifista. Peccato: un’occasione mancata.
Nagorno Karabakh: su una guerra infinita l’ombra di un nuovo genocidio (Prima parte). Di Emanuele Aliprandi.
Film da vedere o da rivedere. ‘Franz + Polina’, di Mikhail Segal.
Film da vedere o da rivedere. ‘Il disertore’, di Florian Gallenberger.
Libertà di espressione. «Se tutti gli uomini tranne uno, fossero di un parere, e quello, solo una persona fosse del parere opposto, tutti gli altri uomini non sarebbero giustificati a ridurre al silenzio quell’unico uomo, quanto lui, se ne avesse il potere, non sarebbe giustificato a ridurre al silenzio tutti gli altri». (John Stuart Mill, nel suo “Saggio sulla libertà”).
La segregazione razziale e lo schiavismo islamico, ieri e oggi. Di Alberto Rosselli.
Colonizzazione e influenza Italiana nelle Isole Canarie. Di Alfonso Licata (*).
Accordo Ue-Tunisia: bene, ma non basta. Di Souad Sbai. (per gentile concessione di La Nuova Bussola Quotidiana, https://lanuovabq.it).
Genovesi illustri. Lanzarotto Malocello, il riscopritore delle Canarie. di Alfonso Licata (*).
Rileggendo un breve, ma illuminante testo del filosofo genovese Piero Vassallo. Di Alberto Rosselli.
Un’occhiata sul roseo mondo turbocapitalista. Matrimoni incestuosi: i Progressisti ‘fluidi’ fanno sesso con il Dollaro. Di Alberto Rosselli.
Si parla tanto (e giustamente) delle molte ‘minoranze’ etnico-religiose discriminate nel mondo, ma poco si dice sulla situazione drammatica dei Cristiani perseguitati. La Redazione.
News dal mondo. Settimana della Cultura Italiana alle Canarie: iniziativa promossa dalla Società ‘Dante Alighieri’. La Redazione.
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Storia e Giurisprudenza. L’involuzione della tecnica legislativa e la questione dell’uniformità giurisprudenziale nel centenario dell’unificazione della Corte di Cassazione. Di Corrado Marvasi.
Libri in evidenza. ‘Enigma Russia’, comprendere l’anima dell’orso. Autore: Fabio Bozzo, Casa editrice Mattioli 1885.
Mitteleuropa dimenticata. “Sul bel Danubio blu”: una retrospettiva storica e artistica con la lettura di nuove opere e documenti: Di Raffaele Panico.
Cina antica. Dong Zhuo, storia di un guerriero usurpatore. Di Lorenzo Carbone.
Libri giustamente osceni. ‘Odilia’: autobiografia semiseria di una prostituta.
Leonardo Sciascia, un filosofo della storia pessimista. Il caso dei ‘Vendicatori’ (1976). Di Giuseppe Moscatt.

lunedì 28 agosto 2023


 

«Se tutti gli uomini tranne uno, fossero di un parere, e quello, solo una persona fosse del parere opposto, tutti gli altri uomini non sarebbero giustificati a ridurre al silenzio quell'unico uomo, quanto lui, se ne avesse il potere, non sarebbe giustificato a ridurre al silenzio tutti gli altri»
(John Stuart Mill, nel suo "Saggio sulla libertà")

lunedì 12 giugno 2023


Un libro 'sdoganato', dopo 30 anni di censura.
Dettagli prodotto
Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 30,415 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri)
ASIN ‏ : ‎ B0C7JCQ5XV
Autore: Alberto Rosselli (Italy)
Editore ‏ : ‎ Independently published (9 giugno 2023)
Lingua ‏ : ‎ Italiano/ Inglese
Copertina flessibile ‏ : ‎ 121 pagine
ISBN-13 ‏ : ‎ 979-8397746649
Peso articolo ‏ : ‎ 191 g
Dimensioni ‏ : ‎ 15.24 x 0.79 x 22.86 cm

 

lunedì 15 maggio 2023


 Eventi culturali a Genova.


 In memoria di Almerigo Grilz, giornalista indipendente, coraggioso, politicamente scorretto e dimenticato.



Almerigo Grilz.


mercoledì 4 gennaio 2023

Articoli vari.

 LA STORIA NON E' SEMPRE UN FILM. UN REGISTA 'PROGRESSISTA' TRASFORMA LA FIGURA DI UN GRANDE SOMMERGIBILISTA IN UN SAMARITANO DEL MARE OVVIAMENTE PACIFISTA.


 

Appello al buon senso. Egregi Registi 'progressisti' lasciate stare la Storia della Seconda Guerra Mondiale, non ne sapete nulla e soprattutto distorcete per ragioni ideologice gli eventi.
Tra non molto uscirà un film sulla figura del comandante Salvatore Bruno Todaro (1908 – 1942) famoso sommergibilista italiano (non mi dilungo sul personaggio e su questa unità, il 'Cappellini'; ho scritto un libro sull'argomento). Bene. Ho letto la trama del film e mi sono accorto che del Comandate Todaro il regista Edoardo De Angelis e lo sceneggiatore Sergio Veronesi sanno ben poco, e quel poco che sanno lo hanno distorto, tramutando un 'combattente' in una sorta di 'samaritano pacifista'. Roba da fare rizzare i capelli, almeno di chi conosce la vera storia di Todaro. Niente da fare, come al solito a fare da spina dorsale alla pellicola è il consumato, ipocrita 'politicamente corretto', questa volta in salsa marinara. Secondo la trama, che strapazza fino al senso del ridicolo la verità degli accadimenti, il Comandante Todaro sarebbe stato una specie di San Brendano alla perenne ricerca di naufraghi (nemici) da salvare. Insomma, non un ufficiale della Regia Marina Italiana intento, come logica indica, ad affondare navi avversarie, ma una specie di Comandante ONG. E qui ci sarebbe da piangere se non prevalesse il riso. Cari registi 'progressisti' lasciate stare la Storia, siate buoni e, soprattutto, non dite bugie. E' del tutto vero che Todaro salvò molti naufraghi del piroscafo 'Kabalo', ma è altrettanto vero che lui in Atlantico vi si recò per colare a picco navi avversarie, senza ma e senza se.