L’olocausto
armeno (quarta edizione).
PREFAZIONE
DI MARCO CIMMINO
Ricorrendo quest’anno il centenario della
‘strage armena’, Alberto Rosselli, già autore di quel capolavoro di sintesi che
fu Sulla Turchia e l’Europa, si è trovato, quasi inevitabilmente,
costretto a ‘ritornare’ sull’argomento ‘Armenia’, rielaborando questo libro, L’olocausto armeno (giunto, grazie alla
lungimiranza della Mattioli 1885, alla sua quarta riedizione, ampliata ed
arricchita da corredo iconografico): testo che del citato Sulla Turchia e l’Europa è, al tempo stesso, corollario ed
approfondimento. E’, infatti, impossibile affrontare il tema dell’europeità
della Turchia moderna, senza affrontare quello che ne è, evidentemente, il nodo
storico e civile fondamentale: il massacro del popolo armeno, iniziato negli
anni 1894-95 dai Sultani ottomani e poi portato a compimento dal Partito
‘modernista’ dei ‘Giovani Turchi’
durante la Prima Guerra Mondiale. Crediamo che la spinta interiore che ha determinato
questa necessitante scrittura, appartenga al carattere personale di Rosselli
oltre che alla deontologia di ogni storiografo degno di questo nome. Il bisogno
di capire, la volontà di sapere, il dovere di spiegare, sono, infatti, le
concause dell’opera ultima di questo autore genovese. Perché Alberto Rosselli è
un ricercatore caparbio e, al tempo stesso, un eccellente divulgatore. Egli ama
entrare nelle pieghe più riposte di certe nostre memorie, diafane
all’apparenza, per poi percorrerle da capo a fondo. Per capire, prima, per
aiutarci a capire, poi. Riteniamo che L’olocausto armeno sia un’opera
civile nel senso più alto del termine: essa è l’analisi circostanziata di una
tragedia che non può rimanere entro i confini della storiografia tabellare, ma
che impone, a chi scrive e a chi legge, un’attenzione viva e partecipe,
un’umana compassione ed una riflessione sull’immutabilità dell’umana
condizione. Si tratta, in definitiva, di un libro da leggere con l’anima, oltre
che con la mente, perché scende fino al fondo di un inferno che non è opera di
un dio, ma di uomini come noi. Per questo, ad un certo punto, i due saggi (Sulla Turchia e l’Europa e L’olocausto armeno) si toccano e si
incrociano. Non si può infatti valutare la Turchia d’oggi, senza considerare il
suo atteggiamento verso la Turchia di ieri. Per questo, in maniera assai
efficace, l’autore mescola alla storia del genocidio armeno la “storia della
storia” di quell’olocausto, arrivando fino a giorni vicinissimi a noi. E se vi
è una parvenza di freddezza in Rosselli, essa non risiede affatto nella scarsa
adesione emotiva ad un’immane sciagura collettiva di uno studioso di cui
personalmente conosciamo ed apprezziamo l’indubbia umanità. Piuttosto, essa sta
a significare lo sforzo costante dello storico, che non può accettare le sole
ragioni dell’empatia nell’emettere i propri giudizi e che cerca di osservare la
natura delle cose, e il mondo dei fenomeni, senza lasciarsi condizionare
dall’entità dei fenomeni stessi. Perché un giudizio, disincantato e dolente,
sulla capacità dell’uomo di straziare, oltre ogni immaginazione, altri uomini,
è presente in ogni pagina di questo libro. Troppo acuto è l’autore per poter
credere nelle magnifiche sorti e progressive, dopo avere perlustrato
tante linee d’ombra e tanti cuori di tenebra. Così, L’olocausto armeno
diventa opera figlia dell’esperienza di chi ne ha operato, capoverso per
capoverso, la stesura: opera matura di un autore che padroneggia con sicurezza
tanto lo strumento quanto la materia. Trattasi di un lavoro che sa dove andare
a parare, fino dalle pagine di esordio e che conduce il lettore, con
discrezione, com’è costume di Rosselli, fino al centro della Geenna, quasi a
dirgli: vedi? Anche di questo siamo stati capaci! Se pregevole, pur nella
sintesi, è la visione storiografica e la documentazione delle tappe di questo
genocidio, ancora più degna di menzione è la capacità di questo libro di
contestualizzare, in un felice gioco di scale e di primi e secondi piani, un
avvenimento che parrebbe, nella sua cruda ferocia, del tutto
incontestualizzabile. Ecco, dunque, che la strage del popolo armeno appare
animata da una sua spietata logica, al pari di ogni altro consimile scempio
novecentesco. E, allo stesso modo di altri, analoghi, massacri, vi sono, nel
genocidio armeno inconfondibili prodromi ed identificabili segnali. Certo, alla
Turchia del 1915 mancava l’implacabile e cronometrica precisione di un apparto
nazista o l’inumano cinismo di quello staliniano, ma le ragioni dell’odio,
dello sterminio e dell’oblio sono le stesse. E sono ragioni eminentemente
pratiche, di opportunità politica e sociale. E’ probabilmente questo il dato
più aberrante dei genocidi del XX secolo, da quello degli armeni a quello
perpetrato da un delirante dittatore marxista come Pol Pot. La loro
pianificazione è infatti assolutamente “moderna”, quasi “industriale”, con
tanto di calcolo dei danni collaterali e delle economie di scala. Colpisce, a
tale proposito, il fatto che gli argomenti dei ‘negazionisti’ di tutte le
stragi siano assai simili tra loro. La versione secondo cui le vittime non
sarebbero state uccise scientemente, ma per conseguenza di disagiate situazioni
oggettive, che avrebbero aumentato a dismisura il normale tasso di mortalità in
situazioni di per sé difficili (la deportazione, la detenzione in lager, la
prigionia di guerra, eccetera), è, ad esempio, comune a quasi tutte le versioni
negazioniste degli olocausti. Lo stesso dicasi per la tristissima conta delle
vittime, che, a seconda della convenienza, moltiplicano o riducono il proprio
numero in maniera eclatante. Ebbene, nulla di tutto questo è nell’opera di
Rosselli. Egli appare, come sempre, animato dall’intento di avvicinarsi il più
possibile al vero e alla ragione, senza pregiudizi di sorta e, soprattutto,
senza quelle finalità educativo-pedagogiche per cui la Storia dovrebbe essere
emendata di tutti i particolari che non siano funzionali ad un progetto
manipolatorio delle coscienze. Rosselli non vuole convincere nessuno: egli si
limita a mostrare le cose nella loro cruda realtà, lasciando che sia il lettore
a trarne, eventualmente, delle conclusioni. Per questo, L’olocausto armeno
è, prima di tutto, un libro onesto, in mezzo a tante opere che, se non sono
mendaci in senso stretto, sono, quanto meno, compiacenti verso l’una o l’altra
dottrina. Ma all’autore queste compiacenze non sono mai interessate. Egli si
limita a raccontare, in poche, puntuali e significative pagine, un passato
terribile che si riverbera su di un presente che, per molti versi, non gli è
preferibile. E come al solito, ci impartisce, forse senza saperlo, una lezione
di sana ed autentica storiografia, cosa di cui gli siamo grati.
Marco
Cimmino
‘Il
massacro degli armeni è da considerarsi come il primo genocidio del XX secolo’.
Convenzione dei
Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite.
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