giovedì 12 marzo 2020

Alberto Rosselli: modeste riflessioni 'al tempo' del Coronavirus.

Modeste riflessioni 'al tempo' del Coronavirus.

Ormai è 'pandemia'. Una tragedia. Penso a chi ha perso la vita e che lotta per salvarsi con autentica pietà cristiana. Ciononostante, penso che questo flagello serva - a chi sopravviverà - a ripensare nel suo intimo ai Valori immanenti della Tradizione, e più in generale al 'rinnovamento radicale' della politica, della geopolitica e dell'economia. Il modello 'mondialista' senza frontiere e il 'globalismo' hanno accelerato questa disgrazia. L'Europa 'unita' è soltanto un inutile spot che fa comodo a chi ci comanda. Dobbiamo - come italiani - ritornare gradualmente ad un modello di vita più autonomo e responsabile. Condizione essenziale: ripristinare - una volta passata la tormenta - un profilo che faccia leva sulla 'sovranità'. Amichevoli rapporti con tutti, ma niente sudditanza nei confronti dei mega organismi internazionali e sovranazionali (quelli che hanno fallito alla prova dei fatti). Questa è la mia opinione, anzi la mia certezza.

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Le 'culture' vanno e vengono, ma le 'Civiltà' (come la nostra) rimangono, magari dormienti, ma rimangono, e allo squillo di un inno di morte (come una pandemia), resistono aggrappandosi alla Tradizione. La nostra Civiltà è la sintesi di molte altre, e come tale ha in sè gli anticorpi per non morire e rinascere, a condizione che ognuno di noi si identifichi nelle proprie radici più profonde. La nostra Civiltà, di matrice greco-romana, ebraico-cristiana, possiede nel suo profondo radici robuste, e mai completamente sradicate dal relativismo nichilista del 'modernismo'. Quando la tragedia della pandemia cesserà, dovremo utilizzare questo retaggio atavico al pari dei mattoni utili per edificare un nuovo, migliore e più giusto sistema socio-politico. Anche l'apparente declino di una Civiltà (come la nostra) avvelenata, è del tutto parziale. I frammenti di ciò che avremo perduto alla fine di questa pandemia serviranno per edificare il 'Nuovo' nella 'Tradizione'.


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Questa terribile epidemia potrebbe rappresentare l'occasione per ripensare alla Politica e all'Economia. Quando questa pesantissima epidemia cesserà, nulla sarà più come prima. Occorrerà rivedere e correggere tutto: dalla gestione diretta del Paese ai rapporti con la UE (che, a mio avviso, sarà costretta a ridurre le sue 'pretese' e a rinunciare al suo potere dispotico esercitato sui parlamenti nazionali), dalle politiche economico-finanziare all'immigrazione (che dovrà essere severamente limitata e 'controllata') allo 'stile di vita', mi auguro più sobrio e meno promiscuo. L'Italia, nella fattispecie, dovrà ritrovare la sua vera identità culturale e tornare ad essere una Nazione sovrana: aperta al dialogo con tutti, ma totalmente autonoma per quanto concerne le scelte derivanti dalla sua stessa natura e predisposizione.


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Questa epidemia - io spero - servirà come monito escatologico. Il sistema globalizzatore e globalizzante ha provocato l'ennesimo disastro e la morte. Auspico la fine di un'Europa governata da poteri forti e cialtroni criminali. Viva il sovranismo, viva il nazionalismo. Che l'Italia risorga non serva di una UE egoista ed arrogante, ma che ritrovi una sua dignità.


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Viviamo in un'epoca senza direzione di marcia, priva di ideali, e senza il conforto di idee mutuate da Padri antichi e da Madri sagge che possano illuminare più la nostra coscienza. Ed è per questa ragione che un microscopico virus domina e distrugge, giustamente, la nostra accidia e la nostra vanagloria basata sulla supponenza di essere semidei. In una parola, pur essendo eredi di una grande Civiltà, siamo orfani irrispettosi di essa. Tutto ciò può ascriversi ad un 'peccato': l'avere 'dimenticato' - ripeto - le nostre origini incardinate sulla sapienza di Aristotele, sulla rielaborazione sincretica di S. Tommaso e sul sangue della croce di Cristo. Noi europei, ormai figli superbi ma deboli del 'nulla' nichilista e relativista, ci sgomentiamo all'improvviso di fronte ad una 'peste', poiché non abbiamo più il coraggio, la saggezza e l'umiltà di rammentare da dove veniamo. Siamo orfani. Ma per colpa nostra.


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