MAR LIGURE A RISCHIO TSUNAMI
?
L’ipotesi, seppure remota, è di quelle
da brivido, soprattutto dopo quanto si è verificato due anni fa lungo le coste
asiatiche bagnate dall’Oceano Indiano. Secondo gli studi effettuati dal professor Bill McGuire del Benfield
Greig Hazard Research Center, l’eventualità che uno tsunami provocato non da un
maremoto o terremoto, “ma da uno sprofondamento o spostamento di un grosso ‘zoccolo’
sottomarino” si abbatta sulla Liguria non sarebbe da escludere, almeno in
teoria. “Pur non trovandoci in presenza di vulcani sottomarini, taluni tratti
dei fondali antistanti la
costa Ligure e quella francese sono, seppure sulla carta, a
rischio tsunami. Nel 1979, tra Nizza e Antibes, un’onda anomala prodotta
dall’improvviso cedimento di uno zoccolo sottomarino prospiciente il litorale di
circa un chilometro di lunghezza e 100 metri di larghezza, diede origine ad
un’onda di 10 metri
che spazzò la passeggiata a mare, allagando la litoranea, lambendo le
abitazioni e causando ben 11 morti e diverse decine di feriti”. Ricordiamo, a
questo proposito, che nel 1986 e nel 2004, la Plage de Beauduc (Camargue) e la
Plage di Pointe-Rouge di Marsiglia furono anch’esse interessate dal medesimo
fenomeno che produsse tuttavia marosi decisamente più modesti, tra circa cinque
e i sei metri di altezza. “Naturalmente, casi come questi sono abbastanza rari,
ma non si può escludere che si verifichino nuovamente, soprattutto in certe
aree particolari, come le zone portuali sottoposte ad intensi lavori di
dragaggio dei fondali o a tombamenti effettuati per la realizzazione di pesanti
piattaforme in pietra o cemento armato”, come ad esempio moli e terminali. Tali
operazioni possono talvolta (come è già accaduto in Giappone) provocare il
cedimento o lo slittamento improvviso di porzioni di ponti sottomarini:
smottamento che, come si è detto, può a sua volta innescare spostamenti di
grosse masse d’acqua in superficie”. Ma la Liguria e le sue città costiere sono
dunque a rischio tsunami? Fortunatamente, stando alle opinioni degli
scienziati, non sembrerebbe, posto che l’uomo non contribuisca con il suo
stesso ingegno a modificare ciò che il mare e la natura hanno pazientemente
modellato nell’arco dei secoli. “Tutto dipende - spiegano i cervelloni del Benfield
Greig Hazard Research Center - da una condizione, quella di procedere,
nell’eventuale costruzione di nuovi terminali esterni alle dighe foranee con
estrema cautela, effettuando adeguati studi preliminari sulla consistenza dei
cosiddetti ‘balconi’ sottomarini. Ciò che in passato è accaduto a Nizza, ma
anche in altri porti dell’Estremo Oriente, non dovrebbe quindi essere preso
sottogamba, a scanso di brutte sorprese. Detto questo, le tecnologie e i mezzi
per studiare e verificare la tenuta dei fondali esistono, ragione per cui non
vi sarebbe – sempre secondo gli esperti - alcun motivo di allarme. Negli ultimi
secoli, non soltanto i paesi affacciati lungo le coste o le molte isole e
arcipelaghi dell’Oceano Pacifico (Cina, Cile, Perù, Alaska, Australia, Giappone,
Nuova Guinea e Hawaii) sono stati devastati dagli tsunami. Anche le isole e le
coste della Grecia e della Turchia (ricordiamo ad esempio il terremoto e la
micidiale onda di 30 metri
che sconvolsero nel 1999 la cittadina anatolica di Izmit) e talune regioni
costiere dell’Italia meridionale, soggette ad elevata sismicità, hanno subito
la medesima offesa. Nel corso della storia, anche abbastanza recente, i
litorali pugliese, siciliano e calabrese sono stati investiti da singole o
diverse onde anomale alte talvolta 20 o addirittura 30 metri, capaci di
spazzare via interi paesi e di affondare o fare arenare navi anche di notevole
tonnellaggio. Stando al parere unanime degli esperti, nel corso della storia gli
tsunami mediterranei si sono verificati sempre in concomitanza di potenti
terremoti e/o maremoti, vedi quelli verificatisi negli anni 1627, 1693, 1783 e
1908. Basti pensare che una parte dei gravissimi danni causati dal terremoto di
Messina furono da addebitare ad una serie di onde alte circa 20 metri che in seguito
alla scossa si fransero lungo il litorale della martoriata città. Ma andiamo
per ordine. Una delle più spaventose onde che si siano mai viste montò nella
zona centro-meridionale dell’Adriatico il 30 luglio 1627, andando
ad infrangersi contro il promontorio del Gargano. Questo tsunami fu innescato
da un terremoto avente come epicentro l’area a nord-est di San Severo. L’onda,
alta circa 40 metri
e lunga cinque chilometri investì la zona costiera tra Fortore e San Nicandro,
nei pressi del Lago di Lesina, sommergendo decine di paesi costieri e causando
la morte di 5.000 persone. Le pittoresche (ed iperboliche) cronache dell’epoca
riferiscono che la città costiera di Termoli “sprofondò” negli abissi “per poi
ritornare a galla come un tappo di sughero”. Esagerazioni a parte, a Termoli
l’onda provocò in effetti danni gravissimi e centinaia di vittime. L’11 gennaio 1693, la Val di Noto
(Sicilia orientale) venne scossa da un terremoto di magnitudo 6.8 che causò la
morte di 70.000 persone e la distruzione pressoché totale di villaggi e
cittadine nelle province di Siracusa, Ragusa e Catania. In quell’occasione, le
città Catania, Augusta e Messina furono investite da uno tsunami di circa 20 metri di altezza che
distrusse numerosissime imbarcazioni all’ancora e abitazioni costiere,
danneggiando anche il monastero di S. Domenico in Augusta. Nel febbraio 1783, la Calabria sperimentò la più violenta e
persistente sequenza di terremoti di cui si abbia memoria negli ultimi duemila
anni. Il 5 febbraio, il primo sisma danneggiò circa 400 paesi causando 25.000
vittime, molte delle quali residenti a Messina. Subito dopo, un gigantesco tsunami
innescato dal sisma andò ad infrangersi contro Reggio Calabria, Messina, Torre
del Faro, Cenidio e Scilla. Messina, Reggio Calabria , Roccella Ionica, Scilla
e Catona ebbero le strade allagate e l’acqua del mare si addentrò nella
terraferma per quasi due chilometri trascinando a secco decine di pescherecci.
Il giorno seguente, si verificò una seconda scossa tellurica con un nuovo tsunami
che distrusse praticamente l’intera Scilla. La particolarità di quest’ultima
grande onda è che essa non venne direttamente provocata dal terremoto, ma dallo
scivolamento in mare di una parte del Monte Paci. Molti abitanti di Scilla,
spaventati dalla terribile sequenza delle scosse, cercarono rifugio sulla
spiaggia, ma qui vennero sorprese dalla ondata alta 12/15 metri.
Millecinquecento furono le vittime. Il 28
dicembre 1908, Messina e in misura minore Reggio Calabria vennero
sconvolte dal più potente terremoto mai registrato in Italia (pari all’undicesimo
grado della scala Mercalli). Dopo la prima giornata di spaventose scosse, ne
seguirono per 72 ore altre 60 di minore intensità, alle quali si aggiunsero le
2.000 di assestamento registrate nei due anni seguenti. Nella catastrofe
perirono 70.000 persone su una popolazione di 170.000 abitanti ed oltre il 90%
degli edifici della città venne distrutto. Il sisma provocò inoltre un
mostruoso tsunami, in assoluto il più grande mai registrato nel nostro Paese.
Dapprima, lungo la costa si manifestò un ritiro delle acque, seguito pochi
minuti dopo da tre grandi ondate che portarono distruzione e morte. Le località
più duramente colpite furono Pellaro, Lazzaro e Gallico sulle coste calabresi e
Riposto, S. Alessio, Briga e Paradiso su quelle siciliane. Tutte le costruzioni
situate a meno di 300
metri dalla spiaggia vennero spazzate via dall'impeto
dei marosi.
Alberto
Rosselli
Nessun commento:
Posta un commento