DALLE PROFONDITÀ DEL MAR LIGURE
SQUALI MOSTRUOSI AD ALTRE STRANEZZE
Non soltanto i mari esotici e lontani,
ma anche il nostro Mar Ligure celerebbe nelle sue profondità non poche bizzarre
e terribili creature. Squali giganti, pescicani affetti da malformazioni ed
altre viscide stranezze ittiche emergerebbero di tanto in tanto dai fondali di
casa nostra per turbarci il sonno e le vacanze. Certo è che in un’epoca come la
nostra - apparentemente dominata dal pragmatismo e dalla razionalità
tecnologica, ma in realtà afflitta da mille irrisolti tabù e paure ancestrali
legati all’ignoto - il timore o l’ipotesi della presenza di mostri marini
paiono essere più che mai diffusi nell’immaginario collettivo. A tal punto che,
come si sa, registi e produttori hanno pensato bene di giocare sulle
suggestioni dei più, approntando una serie di pellicole di successo, anche se
frequentemente risibili dal punto di vista scientifico. In questo contesto è
quindi interessante sfogliare qualche vecchio giornale o qualche testo di ittiologia
(e magari di criptozoologia) per passare in rapida rassegna quegli episodi che
più di altri hanno infiammato la fantasia popolare. Ma andiamo per ordine.
Nell’infinita graduatoria degli autentici o presunti avvistamenti o catture di
“mostruosità” marine il Mar Ligure, come si è accennato, ha fornito nell’arco
del tempo un suo non disprezzabile contributo. Nel giugno del 1923, un gruppo
di pescatori di Camogli scovò,
impigliata nelle reti, la carcassa di uno stranissimo squalo lungo sei
metri e pesante oltre 1.200 chilogrammi. Il ritrovamento fece ovviamente
notizia e il Corriere della Sera vi dedicò una mezza pagina corredata dalla
foto del “mostro”. E di mostro in effetti si trattava, in quanto l’animale, il
cui corpo somigliava a quello di un massiccio pescecane, era però provvisto
sopra il muso di un’anomala protuberanza, tanto che i pescatori camoglini
decisero di battezzarlo “rinoceronte marino”. Seguirono articoli, servizi
fotografici e grande euforia. Ma il tutto durò poco. Analizzando le fotografie
della bestia, un ittiologo dedusse infatti che si trattasse di un normalissimo
squalo “cetorino”, detto anche “manzo”, probabilmente affetto da una grave
malformazione. Tesi, quest’ultima, che pochi anni fa venne però confutata da
un gruppo di criptozoologi, certi di trovarsi di fronte ad una “specie
sconosciuta” alla quale sarebbe appartenuto anche un altro simile ma ben più
minuto (lungo appena 70 centimetri) esemplare pescato in Scozia, avente
anch’esso la medesima protuberanza sul capo. Sempre nelle acque liguri, anche
se molti anni più tardi (nell’agosto del 1962), al largo di Spotorno, una
fanciulla intenta a fare sci d’acqua venne inseguita per oltre un chilometro –
così almeno sostennero i cronisti - da
uno “squalo bianco di almeno 6 metri che con un morso tranciò la parte
posteriore di uno degli sci, per poi sparire nel blu. Poco più di una decina di
anni dopo (il 2 giugno 1974) nelle reti dei pescatori di Camogli venne invece trovato
un misterioso pesce, di dimensioni ragguardevoli (circa cinque metri di
lunghezza) e dalle squame variopinte. Del caso si interessò addirittura Jacques
Cousteau che identificò l’animale come appartenente ad una sottospecie della
famiglia dei pesci luna (Lampris luna): si trattava infatti di un Lampris regius che, pur essendo
solito dimorare nella profondità degli abissi, per qualche strana ragione aveva
evidentemente deciso di fare una capatina in superficie. Nel 1986, sempre nelle
reti dei pescatori camoglini rimase impigliato un rarissimo Marlin nero gigante (Makaira indica), del peso di
oltre 180 chilogrammi, una specie che si
trova abitualmente nelle calde acque degli Oceani Indiano e Pacifico e la cui
testa e coda sono tuttora conservate nel
Museo di Storia Naturale di Genova. Ma torniamo ai ‘mostri’ veri e
propri. Nell’estate del 1938, nei pressi di Sanremo, durante una mareggiata, un
bagnante, tale Enrico Straforello, venne assalito e trascinato negli abissi –
così sostennero alcuni testimoni - da uno squalo di almeno 10 metri di
lunghezza. E nel 1939, al largo di Marsiglia (anche se alcuni sostengono che
l’episodio si sia verificato presso il confine italo-francese, al largo della
frazione di Latte), l’equipaggio di un peschereccio tirò a bordo uno squalo
bianco della lunghezza di 7 metri, nello stomaco del quale venne trovato il
corpo vestito e calzato di un soldato della Legione Straniera, con tanto di
moschetto e baionetta. Mentre un anno più tardi, un poco più ad ovest, nelle
tranquille acque del porto militare di Tolone, un marinaio intento a pitturare
la fiancata di un cacciatorpediniere seduto su un travicello sospeso a quattro
metri dalla superficie venne ghermito da “un enorme squalo lungo almeno 9
metri, sbucato improvvisamente dalle limacciose acque del bacino”. Stando alle
cronache, anche il tratto di mare tra la costa ligure, la Corsica e la Sardegna
settentrionale sembra essere stato teatro di avvistamenti come si suol dire ‘da
paura’. Nel 1977, tra Stintino e Aiaccio, un
pescatore sardo aduso alla caccia ai pescicani dichiarò di avere agganciato con
un ancorotto uno squalo bianco di 13 metri di lunghezza che con un solo morso
avrebbe tranciato un metro di murata della sua barca. L’uomo, intervistato dal
settimanale Oggi, dichiarò di avere
in precedenza osservato il gigantesco animale (da questi battezzato “Maciste”)
aggirarsi a poche decine di metri dalla costa.
Alberto Rosselli
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