Appuntamenti culturali a Genova.
PREFAZIONE
Ogni anno il governo
russo spende 170 mila euro per rifare il look alle spoglie di Lenin,
imbalsamate ed esposte, a partire dal 1924 (anno della sua morte) nel mausoleo
creato appositamente sotto le mura del Cremlino. Nostalgici (sempre meno),
turisti (sempre di più) e necrofili (immutato il loro numero) continuano a
visitarla. Dopo Tutankamon, è la mummia più visitata al mondo. Ma già il leader
Boris Eltsin aveva in testa un piano per fare seppellire Lenin lontano dal
cuore di Mosca. A quell’epoca, l’afflusso turistico verso la Russia non era
ancora di moda, e quella salma al centro del palazzo del potere moscovita dava
fastidio: era ritenuta antiestetica, rammentava tristi e drammatiche vicende: insomma
stonava con il nuovo corso della Russia moderna e non più comunista. Venti anni
or sono, in seguito ad un sondaggio, il 55 per cento dei moscoviti si era
pronunciato per l’eliminazione dei resti di Lenin, anche perché oltretutto
girava voce che la presenza del padre del proletariato, menasse anche gramo per
le sorti della città. Anche se – in quanto uomo di Chiesa, l’allora Patriarca
di tutte le Russie, Alessio II, uomo non superstizioso, si limitò a caldeggiare
cristianamente una degna sepoltura della salma in un normale cimitero. Tuttavia,
salito al potere Vladimir Putin, avvenne un ripensamento, e il nuovo leader
optò per una conservazione in loco, sperando – così sembra – che potesse
servire per incrementare il flusso turistico. In fin dei conti, Lenin
rappresentava un grande, rivoluzionario, anche se fallito, ‘sogno ideologico’
di portata planetaria.
Ma chi fu veramente
Lenin? Fu colui che incarnò la ‘prima fase’ dello sterminio di un popolo (la seconda
venne affidata al suo ben più sanguinario successore, cioè a Josif Stalin, le
cui spoglie mortali vennero, nel 1961, fatte tumulare da Nikita Krusciov ben
lontano dal Cremlino. Quanta acqua è passata, da allora, sotto i ponti. E
quanti cose sono, nel frattempo, sapute sulle possenti e mitiche ‘imprese’ di
Lenin, la ‘mummia rossa’ del Cremlino. Oggi tutti sanno che, aldilà del mito,
Lenin fu ben altra cosa. Seppur dotato di brillante e sottile acume, sotto il
profilo politico, Lenin non fu altro che un abilissimo ‘golpista’ che conquistò il potere avendo non
più del nove per cento dei voti e servendosi dell’esercito e dell’artiglieria
per imporre il suo credo. Insomma, si comportò né più né meno di un qualsiasi
generale sudamericano. Lenin, come è noto, aveva in mente di «abolire il capitalismo e lo Stato», ma
la prima cosa che fece fu quella di creare il «capitalismo di Stato» (definizione sua). Dopo avere sterminato l’aristocrazia,
i possidenti terrieri e il clero (e fin qui, almeno, si dimostrò coerente con
quanto aveva sempre predicato), passò alla seconda fase, cioè l’eliminazione
degli ex alleati, cioè i «socialrivoluzionari di sinistra» (che lo aveva
aiutato a conquistare la Duma, cioè al Parlamento di Pietroburgo). Quindi,
Lenin passò alla terza fase, cioè lo sterminio degli anarchici, soprattutto di
quelli ucraini. Il testo di Alberto Rosselli (storico genovese molto navigato e
autore di numerosi testi ‘politicamente scorretti’), che vi accingete a leggere
racconta con precisione e con coinvolgimento il fiume di sangue che Lenin e i
suoi accoliti fecero scorrere nelle terre russe dal 1917 al 1920, in
concomitanza con la Rivoluzione d’Ottobre e con la successiva Guerra Civile che
contrappose i bolscevichi alle forze ‘bianche’. A questo proposito, Rosselli
fornisce un dettagliato resoconto(supportato da dense, ma utili note) relativo
a quest’ultimo, cruento e complesso evento, elencando campagne e battaglie, e
ricordando l’ambiguo e discontinuo intervento delle Potenze dell’Intesa a
sostegno dei generali ‘bianchi’.
Venne poi, nel marzo
1921, la quarta fase del Piano Lenin: lo sterminio dei marinai di Kronstadt,
che pure erano stati determinanti per il successo del leader marxista. A
sterminarli provvide, alla testa dell’Armata rossa, Lev Trotzky, che, compiuta
la missione, inviò a Lenin un telegramma che la dice tutta: «Li ho massacrati come anatre nello stagno».
E si trattava di anatre ‘comuniste’.
Si leggano poi le
stringate ma inequivocabili pagine che Alberto Rosselli dedica alla
ricostruzione del primo episodio del terrore rosso, il massacro della famiglia
dello zar, portato a termine il 17
luglio 1918, quando a Ekaterinburg (cittadina situata della Russia centrale,
sulle estreme propaggini occidentali degli Urali), l’intera famiglia reale composta
dallo zar Nicola II, la moglie Aleksandra Fëdorovna, i loro figli (le
granduchesse Olga, Tatjana, Marija, Anastasija e lo zarevic Aleksej Nikolaevic Romanov) e da alcuni membri del seguito,
vennero barbaramente uccisi a colpi di pistola da un distaccamento della Ceka (la Polizia politica) agli ordini
del commissario comunista Jakov Michajlovic Jurovskij. Fu soltanto l’inizio.
Per citare un solo esempio, nel periodo 15 ottobre - 30 novembre 1918, in 12
province della Russia scoppiarono 44 sommosse spontanee anti-bolsceviche nel
corso delle quali vennero arrestate 2.320 persone, milleseicento delle quali
furono subito impiccate o fucilate. Una inezia, se si pensa che i componenti
«Armata verde» del generale Aleksandr Stepanovič Antonov, che avevano osato disubbidire agli ordini sanguinari di Lenin, furono
fatti prigionieri e passati per le armi: 50 mila morti. La repressione
bolscevica non portò soltanto al massacro di parecchi milioni tra russi
bianchi, ucraini anti-bolscevichi o appartenenti alle numerose e variegate
minoranze etniche e religiose dell’ex-Impero zarista, ma si abbatté come una
scure anche su tutti i partiti e i movimenti politici anarchici e di sinistra
non allineati. Esistono a questo proposito numerose testimonianze circa le
centinaia di migliaia di operai e contadini che vennero fucilati o impiccati
dalla Ceka per “alto tradimento nei confronti dell’ideale rivoluzionario”.
Il libro di Alberto
Rosselli ha infine il merito di aver posto in risalto la figura di Pêtr Stolypin,
un grande padre della moderna Russia, ingiustamente dimenticato. Autore di un
rivoluzionario e avveniristico piano di industrializzazione e di ammodernamento
del settore rurale (per secoli unica fonte di vita e di sopravvivenza per le
popolazioni russe), fu osteggiato sia dai latifondisti terrieri, sia dal
rivoluzionari di Lenin, che finirono per assassinarlo nel 1911. Come sottolinea
Rosselli, «Se Stolypin avesse avuto il tempo di realizzare le innovazioni
socio-economiche che aveva in mente, la Rivoluzione d’ottobre del 1917 non si
sarebbe mai verificata, mutando il corso della storia mondiale».
Ecco anche perché il
lavoro di Rosselli va considerato uno strumento agile, ma utile per aiutarci a
capire il passato, ma anche per comprendere l’evoluzione e il futuro della
stessa Russia.
Luciano Garibaldi
Nessun commento:
Posta un commento