martedì 24 settembre 2019

In Italia nulla di nuovo (o quasi) sul fronte dell'insegnamento della Storia. Di Alberto Rosselli.


Lo storico Renzo De Felice, alfiere del corretto 'revisionismo' storico.



In Italia nulla di nuovo (o quasi) sul fronte dell'insegnamento della Storia

di Alberto Rosselli

In un suo articolo (Scuola, la Storia vista da sinistra e da destra) pubblicato il (lontano) 20 novembre 2000 su Repubblica, ed incentrato sulla denuncia delle commissioni di supervisione dei testi scolastici di storia promosse dall’allora presidente della Regione Lazio Storace, l’editorialista Mario Pirani si trovò costretto ad ammettere che tale iniziativa - paragonata “alla Commissione per la bonifica libraria fascista del 1938, messa a punto dal regime per mettere all'indice gli autori di origine ebraica o sgraditi alla dittatura mussoliniana- non traeva le sue origini dirette che dal malcostume ereditato dal precedente, e ben più recente, governo di centrosinistra e, più in generale, da cinquant’anni di dittatura culturale di sinistra. Per l’esattezza, Pirani accusava l’utilizzo distorto del decreto Berlinguer con cui si modificavano i programmi di studio e si sceglievano i libri di testo destinati agli studenti delle scuole medie e medie superiori. E a questo proposito, il noto commentatore dichiarava che l’intento del ministro all’Istruzione diessino (cioè quello “di consentire un approfondimento delle vicende del Novecento oltre la Prima Guerra Mondiale”) era stato interpretato in modo del tutto scorretto dalle potenti lobby culturali postmarxiste. Queste, prendendo al balzo l’indicazione ministeriale, avevano pensato bene di “prolungare ed allargare l'insegnamento della storia nazionale” fino ad includere cronache scandalistiche corredate da giudizi parziali su fatti politici e presunti episodi di corruzione inerenti Tangentopoli e soprattutto Silvio Berlusconi, accusato di essere entrato in politica per ragioni personali più che civili e di avere inquinato con la sua presenza i sempiterni ideali ‘metafisici’ della Resistenza che, come è noto, stanno alla base della nostra Costituzione, almeno secondo i guru della cultura gauchiste. Palesando un’innocenza quasi battesimale, Pirani se la prendeva poi di brutto contro il “sottobosco ideologico della sinistra italiana”, definendola “una nutrita schiera di burocrati e pseudo-pedagoghi sindacal-sessantottini, abbarbicata attorno al ministero della Pubblica Istruzione: combriccola resasi già celebre al momento del famigerato ‘concorsone’ a quiz e degli esilaranti breviari e circolari, ad uso dei poveri docenti, che l’accompagnarono”. Un j’accuse, quello di Pirani, avvalorato di lì a poco dall’esplodere di una nota polemica ingaggiata contro la ‘combriccola rossa’ da uno dei più insospettabili ed autorevoli storici di sinistra del Ventennio e della Resistenza, cioè Rosario Villari - presidente della Giunta Centrale degli Studi Storici e acceso avversario del cosiddetto “Revisionismo storico strumentale” di cui la Sinistra accusa il centro-destra. Nella fattispecie, Villari aveva cercato, invano, di opporsi al progetto di affidare la formazione dei docenti addetti ai nuovi corsi di Storia ad organismi dichiaratamente di parte, indicando i luoghi più consoni ad approfondire determinati studi nelle Università, e non, ad esempio, negli Istituti Storici della Resistenza.
Oggi, a distanza di cinque anni, e quasi al termine della prima compiuta legislatura di centrodestra, la situazione denunciata da Pirani non sembra essere di molto cambiata, almeno nella sostanza. Vuoi per la scarsa propensione palesata dal governo Berlusconi nei confronti di un necessario, se non urgente, rinnovamento culturale nazionale all’insegna della Verità Storica, vuoi per l’eccessivo basso profilo evidenziato da molti esponenti dell’intelligenza di centrodestra e di destra, spesso inclini a rifugiarsi nelle proprie torri d’avorio del sapere, disinteressandosi del destino di milioni di studenti in balia dei sempre attivi pifferai magici della gauche che fa Kultur. La verità è che la tanto temuta manipolazione “reazionaria” della Storia, relativa soprattutto a certi periodi, primo fra tutti il Novecento, non si è affatto verificata, almeno per quanto concerne la produzione libraria. Pochi sono infatti i testi nuovi che si distaccano dall’omologazione culturale di sinistra, senza considerare che in essi gli autori si sono semplicemente limitati ad introdurre argomenti da sempre glissati o strapazzati, indispensabili per comprendere correttamente l’evolversi di fatti che molto hanno inciso sul nostro incerto presente. Prendiamo, ad esempio, l’analisi delle vere origini del Fascismo, la Guerra di Spagna, il Secondo Conflitto Mondiale, il periodo resistenziale o di ‘Guerra Civile” 1943-1945, l’orrore delle foibe accuratamente sepolto per decenni, l’azione politica, militare ed imperialistica dell’ex-Unione Sovietica e l’ambiguità democratica dei partiti comunisti europei accecati dai sanguinosi miti egalitari. Operazioni non revisioniste, ma legate alla necessità oggettiva di una rivisitazione critica in nome della completezza, avviate, come si è detto, in questi ultimi anni solo da pochi, onesti e coraggiosi testi di Storia, come Chronos (edizioni SEI) di Gianluca Solfaroli Camillocci e Mario Farina, per il biennio scientifico, o Alle radici del domani, di Roberto De Mattei, Enrico Nistri e Massimo Viglione, in uso in qualche scuola media. Per il resto, tutto come prima, con gli Elementi di Storia (Zanichelli) di Camera e Fabietti a farla da padrone nelle scuole superiori, affiancato dallo schierato Storie (edizioni Nuova Italia) di Paolo Sorcinelli, Daniela Calanca e Doriano Pela, e da una pletora di altre pubblicazioni sulle quali è forse meglio tacere, considerata la loro insufficienza contenutistica e il loro intento didascalico-ideologico mirato. Tutto ciò a dimostrazione dell’infondatezza dell’allarme lanciato dagli intellettuali marxisti, postmarxisti e cattocomunisti nostrani che – nonostante la caduta del Muro di Berlino e il fallimento economico, sociale e morale del comunismo - con la Storia i conti si ostinano proprio a non volerli fare, aggrappandosi disperatamente ad argomenti di retroguardia come i complotti della CIA, il golpe Borghese o Gladio, ma sorvolando sui gulag sovietici, su Pol Pot, sulla strage dei montagnard vietnamiti e dei tibetani, sulle carceri di Fidel Castro e su altre questioni da essi ritenute secondarie. Ricapitolando, oggi come oggi - grazie alla pressoché immutata forza ed incisività delle lobbies burocratiche scolastiche e universitarie, alla loro capillare presenza sul territorio della cultura e all’appoggio diretto o indiretto fornito da grande parte del mondo editoriale (con buona pace di Berlusconi) - l’insegnamento della Storia stenta ad uscire dal tunnel interpretativo di sinistra e ad adeguarsi agli standard occidentali. Dopo cinque lunghi anni di “regime” di centrodestra, la Storia continua ad essere insegnata ai ragazzi – salvo eccezioni - sulla base di letture pregiudiziali o molto incomplete. Alla faccia delle iniziative “golpistiche” volute da Storace. Quelle che, secondo il parere dello stesso Villari – che è stato però costretto ad ammettere, bontà sua, “la correttezza di talune istanze contenute nel Revisionismo in atto, come ad esempio la storicizzazione del movimento fascista” – negherebbero attraverso il revisionismo “i valori fondamentali della nostra democrazia”, dimenticando che, se inteso e praticato correttamente, il tanto demonizzato revisionismo rappresenta uno degli strumenti fondamentali per fare luce sulla storia, soprattutto sulle questioni più intricate ed inquinate dalla politica (come ad esempio la Resistenza) che per decenni sono state semplificate e manomesse attraverso il filtro del pregiudizio ideologico (come sottolineò il grande storico Renzo De Felice): strumento estraneo ad una corretta prassi storiografica. La ricerca storica, in quanto analisi logica del divenire umano, non può infatti avvalersi di tali facili espedienti, pena la sua definitiva dismissione da scienza a mera prassi funzionale al sostegno di un’ideologia, ma soprattutto ad un ulteriore, drammatico ed inarrestabile diffondersi dell’asineria.

I Romani in Cina, di Alberto Rosselli.





I ROMANI IN CINA

di Alberto Rosselli

Che mercanti romani abbiano raggiunto via mare l’India, l’Indocina e perfino la Cina è cosa nota da tempo. Si sa infatti che, tra il I° e il II° secolo d.C., navi onerarie romane salpate dallo scalo egiziano di Berenice (Mar Rosso) erano solite percorrere con una certa regolarità il Mar Rosso, giungendo nel porto di Aden che a quel tempo fungeva da cerniera tra il mondo marittimo occidentale e quello orientale. Da Aden, probabilmente a bordo di navi locali o indiane, i mercanti romani facevano poi  vela, approfittando dei monsoni (il famoso vento di Ippalo dal nome del navigatore greco che lo scoprì) verso Conchin (l’attuale Bombay) per caricare spezie e seta. L’esistenza di un sostenuto interscambio commerciale marittimo tra Impero Romano, India e Cina e la presenza di mercanti greci e latini a Conchin e in altre località asiatiche è stata dimostrata dal ritrovamento (in India, ma anche in Cina) di attrezzi, oggetti e monete romane del periodo di Antonino Pio e Marco Aurelio (II secolo d. C). Assolutamente ignorata o accantonata  da molti storici, almeno fino a non molti anni fa, era però l’ipotesi che i romani fossero riusciti a raggiungere l’Impero Celeste non per mare ma lungo una rotta terrestre (la cosiddetta “Via della Seta”). Si riteneva infatti poco credibile che, date le enormi distanze e l’ingombrante presenza dell’Impero dei Parti (forte entità politico-militare quasi sempre in guerra con Roma), si fosse verificato un contatto di questo tipo. Tuttavia, gli studi più recenti sull’argomento, cioè su un “incontro”, anche se fortuito, tra civiltà romana e cinese, sono stati approfonditi con successo da diversi studiosi occidentali (tra i quali il professor Raffaele Adinolfi, docente di Storia delle Esplorazioni presso l’Università di Salerno) ed in seguito avvalorati da un gruppo di archeologi e antropologi cinesi protagonisti, nel 1989 e nel 1992, di due importanti scoperte. (1)
Il 9 Novembre 1989, una spedizione scientifica cinese si recò nella regione del Gansu, a Lou Zhuangzi, località situata 400 chilometri a nord di Lanzhou, riportando alla luce antichi resti lignei e suppellettili di probabile fattura romana. Non solo. Durante gli scavi, un contadino del posto riferì agli scienziati la storia di una donna cinese custodiva nella sua abitazione alcuni antichi e strani rotoli di carta che tuttavia un giorno bruciò per fare ardere della legna. Sui resti non intaccati dalle fiamme sembra che fosse riportata un’iscrizione orizzontale vergata in una lingua ignota: CR.S. LEG.ON. FUIM. Scritta che gli scienziati tradussero in CRASSI LEGIONIS FUIMUS.
Nel 1993, altri residuati, questa volta di costruzioni, armi ed oggetti di fabbricazione romana risalenti al primo secolo d.C. vennero ritrovati da un altro gruppo di archeologi cinesi, in una località del Gansu chiamata Lijian. E successivamente, una équipe di antropologi inviati da Pechino per indagare sulla scoperta, effettuò approfonditi studi comparativi sugli abitanti della zona, scoprendo che molti di essi mostravano tratti somatici tipicamente mediterranei, e che erano soliti praticare la tauromachia e compiere uno strano rito sacrificale dei buoi di chiara origine romana.
Venne inoltre scoperto un muro di cinta molto antico di argilla compressa, lungo oltre 10 metri, alto 1-2 e spesso fino a 3 metri. Secondo le testimonianze della gente del posto sembra che agli inizi degli anni ‘70, la costruzione si sviluppasse per circa 100 metri, ma che in seguito fosse stata in parte demolita per ricavare mattoni. Sempre nel medesimo sito, gli archeologi cinesi ritrovarono a pochi metri sotto la superficie alcune dozzine di reperti archeologici: vasellame metallico, calderoni di ferro e brocche di porcellana e argilla. I contadini del posto riferirono che in passato, durante la costruzione di alcune fondamenta di alcune abitazioni, era stato rinvenuto del vasellame decorato con disegni a cordicelle (gli studiosi cinesi ipotizzarono che la datazione di questi reperti risalisse alla dinastia Han orientale 25 - 220 d.C.) (2). Non lontano dalla muraglia, un contadino del villaggio di Xinghua disse di avere rinvenuto uno strano arnese di legno lungo 3 metri, dotato di aste trasversali parallele. Il reperto fu poi collocato nel Centro Culturale del distretto e gli archeologi che ebbero modo di studiarlo espressero l’opinione che si trattasse di uno strumento adoperato dai soldati romani per edificare il muro di cinta formato da giganteschi blocchi lignei. Avendo notato i particolari caratteri somatici di alcuni individui del villaggio di Xinghua, gli archeologi della spedizione vollero un consulto da parte di antropologi che, una volta giunti sul posto, esaminarono con attenzione un campione di popolazione, scoprendo che effettivamente molti soggetti mostravano tratti somatici mediterranei, quali naso adunco e orbite profonde. Tutti questi indizi portarono gli scienziati cinesi a dedurre che in un lontano passato alcuni soldati romani, molto probabilmente appartenenti alle legioni di Crasso sconfitte nel 54 a Carre dalle armate dei Parti, abbiano per vie traverse raggiunto la Cina (il paese dei Seri, come veniva chiamato) lasciando in loco una discendenza. D’altra parte, notizie circa un possibile arrivo e stanziamento di uomini mediterranei nel Gansu in passato era già stato ipotizzato, e in buona parte provato, da più di uno storico cinese. Rimaneva da vedere se questi uomini bianchi proiettati a migliaia di chilometri di distanza dalle loro terre di origine fossero effettivamente romani. 
Notizie circa la sorte dei soldati romani ce le fornisce lo storico cinese Ban Gu, autore della storia della Dinastia Han Occidentale (206 a.C. - 9 d.C.). Nel 36 a.C. l'imperatore Gan Yen-Shou, dietro suggerimento del suo ambizioso consigliere Chen-Tang, mosse verso occidente, fino a raggiungere la città di Zhizhi (l’attuale Dušanbe nel Kazakistan) mettendola a sacco. Secondo il manoscritto di Ban Gu, i cinesi si trovarono di fronte ad una città circondata da enormi blocchi di legno e ad un esercito composto da 1.500 soldati bianchi muniti di una strana corazza a maglie sottili e di scudi circolari. I cronisti cinesi riportano poi, con dovizia di particolari, l’inusuale vallo eretto intorno alla città: un classico esempio dell’arte militare romana. I cinesi riferirono di una duplice palizzata di tronchi appuntiti e di un profondo fossato verso l’esterno di essa. La relazione parla inoltre di 145 strani e coraggiosi soldati dalle fattezze non asiatiche fatti prigionieri al termine della battaglia. Questi vennero in seguito deportati nel distretto di Fanmu (l’attuale Yongchang): località che i cinesi ribattezzarono con il nome di Lijian termine con il quale essi erano soliti chiamare le terre occidentali, compreso l’Impero Romano. Secondo informazioni raccolte dallo storico Ban Gu, gli strani soldati incontrati dalle armate cinesi sembra appartenessero ai resti dell’esercito di Licinio Crasso che nel 54 a.C. (cioè 18 anni prima) era stato sconfitto dai Parti.
Come è noto, tra il 58 e il 51 a.C., i triumviri Giulio Cesare, Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso si trovarono impegnati su tre fronti particolarmente impegnativi: Cesare nelle Gallie, Pompeo in Spagna e Crasso in Medio Oriente. Desideroso di acquistare una fama analoga a quella dei suoi colleghi, verso la fine del 55 a.C. Crasso, alla testa di sette legioni per un totale di circa 45.000 uomini, partì alla volta della Siria con il preciso scopo di abbattere il potente impero dei Parti e conquistare nuovi, ampi territori. Dopo alcuni iniziali successi, il 9 giugno del 53, dopo essere stato abbandonato dagli alleati Armeni, egli venne pesantemente sconfitto dal generate parto Surena presso Carrae (località del regno di Osroene; oggi Haran, in Turchia) e successivamente decapitato da un ufficiale parto chiamato, pare, Exatre.
Nella battaglia morirà anche il figlio del triumviro, Publio Licinio Crasso. Dei 40.000 legionari che avevano partecipato alla disastrosa battaglia se ne salvarono appena un quarto. Ventimila caddero sul campo, mentre altri 10.000 vennero fatti prigionieri dai Parti che, secondo una loro abitudine, li trasferirono a marce forzate nella parte orientale del loro regno, fino all’oasi di Meru, in Margiana. Successivamente, nel 20 a.C., l’Impero Romano concluderà un trattato di pace con i Parti richiedendo invano la restituzione dei prigionieri superstiti. Questi, infatti, non erano più nelle mani dei parti, ma dimoravano ormai da tempo, all’insaputa di Roma, in una remota e sconosciuta regione della Cina.
FINE

(1)     NOTA: Nel 1977, il professore Raffaele Adinolfi diede alle stampe un libro molto interessante: “I rapporti tra l’Impero Romano e la Cina antica” (Edizioni Massimo, Napoli) nel quale avanzò alcune ipotesi al riguardo. Adinolfi seguì le tracce di Mortimer Wheeler, autore de “La civiltà romana oltre i suoi confini” (Einaudi, Torino 1963) e di J. Innes Miller, autore di “Roma e la via della spezie (dal 29 a.C. al 641 d.C.)” (Einaudi, Torino, 1974).

(2)     206 a.C.-220 d.C: Alla dinastia Qin succede quella degli Han, fondata da Liu Bang con capitale Chang’an presso l’attuale Xi’an (Han occidentale) e a Luoyang (Han orientale). Il confucianesimo diventa l’ideologia ufficiale della classe dominante (136 a.C.). È di questo periodo l’invenzione della carta (105 a.C.). L’impero comincia una politica di espansione in Asia centrale. Si apre “La via della seta” (114 a.C.) intensificando il commercio con le province romane dell’Asia Minore.



domenica 15 settembre 2019

Riflessioni serie e semiserie, e pensieri irriverenti, di Alberto (Bebe) Rosselli



RIFLESSIONI SERIE E SEMISERIE, E PENSIERI IRRIVERENTI

di Alberto (Bebe) Rosselli



Siamo in un'epoca di declino, imbastardimento e confusione della Chiesa cattolica. Un'epoca oscura e foriera di gravi disgrazie per l'umanità cristiana. E tutto per colpa della 'relativizzazione' del 'credo' dispensata da 'Padre' Bergoglio. Occorre ripristinare la parola di Cristo. I Pontefici passano, ma la Parola e la dirittura evangelica no. "Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. (Mt 7,15). I falsi profeti offrono una via alternativa più facile a quella angusta ma coloro che vogliono trovare il modo giusto che conduce alla Vita devono avere guide affidabili che li aiutano a non indurli in errore. I falsi profeti, non solo non entrano nella porta stretta che conduce alla vita eterna, ma impediscono anche agli altri di entrarvi con il loro falso insegnamento."




 La cultura 'progressista' adora essere e definirsi 'pluralista', 'consumista', 'terzomondista' e 'globalista' a tutti i costi. Anzi, ambisce a trasformarsi in nuova 'religione' atea, elemento essenziale di una nuova 'civiltà' relativista e nichilista. Ma Sisifo non è mai troppo distante da Prometeo. Non a caso una cultura siffatta si trasforma non in progresso, ma in sterile 'culturalismo' onanistico privo di basi filosofiche solide.


 Tornando (amo l'ironia) al 'vulnus' primario dell'Uomo (e della Donna) di Sinistra', non mi rimane che ridabire un semplice concetto. L'eccesso di eguaglianza sessuale (o presunta tale) porta alla negazione dei piaceri appunto sessuali concessi dalla Bibbia. Ormai è un assioma metafisico: L'uomo o la Donna di Sinistra sono degli sfigati (uso un termine comprensibile a tutti). Non a caso, molte Donne di Sinistra sognano (come mi hanno confessato nel mio confessionale) di essere sodomizzate da uomini di Destra.


 La cosiddetta 'cultura' dell'accoglienza non è altro che - sommato ad un senso di colpa occidentale utile a scaricarsi di colpe - serve soltanto ad arricchire il Potere finanziario di questa Europa senza costrutto e anima. "Guardati dall'uomo che tutto accetta, compreso il finto derelitto. Egli nasconde un proprio interesse inconfessabile. E pretende pure la benedizione di Dio" (Gesù visto dai suoi contemporanei, Edizione Claudiana).


 L'handicap della Sinistra è sempre stato 'l'assenza totale di gnocca', non di un vulnus politico. Essendo, a differenza dell'uomo d Destra, maschilisti ideologici e piatti, raramente hanno avuto il privilegio di essere 'desiderati' da una Donna. Anche perché, come è noto, non accettano la 'naturale' differenza tra Donna e uomo. Sono dei poveril sfigati. e, data la loro infinita e castrata boria, non si domandano neanché il perché.


 Il livore, la cattiveria e il sostanziale (e sterile) onanismo aggressivo della Sinistra si possono riassume nel discettare psicotico di in un celebre loro alfiere: Gad Lerner, e suoi accoliti minori (Parenzo, Fiano, Ruibio, il segaiolo da sacrestia bergogliana Franceschini.) Se nella vita queste amebe cerebrali e sessuali avessero preso più gnocca sarebbero meno nocivi.


 Il deserto mi ha sempre ricordato la polenta. Non il caldo bracere dell'intelletto marocchino. Il 'The nel deserto' di Bertolucci (buon professionista) è semplicemente una lenta e noiosissima masturbazione mentale (senza risulizione), adatta ad un amante dell'esotismo da Alpitour. Personalmente (a parte la fotografia, ottima e a un Malkovich eccellente...per forza non è di sinistra), è un'autentica tragicomica cagata. Roba da 'terzomondisti' frustrati.


 La Sinistra italiota è ormai morta, definitivamernte; avvelenata dai suoi stessi, assurdi ed astratti ideali e dalle sue convinzioni egocentriche. Si credevano padroni di tutto in nome di un falso e 'antistorico' pensiero. E sono stati annientati per avere privilegiato la tecnocrazia, il denaro e il potere finanziario, al posto della gente comune che lavora. Al posto del popolo. La Sinistra non ha più capi, anima, idee e prospettive. E' un grido sterile, isterico ed eunuco nel firmamento delle ideologie morte e sepolte. La Storia non perdona mai alcun errore a chi pensa di dominarla con la demagogia.


 Grazie al 'buonismo' e al 'terzomondismo' da coito incontrollato, l'Oriente e l'Africa (aree che avevano un loro orrido equilibrio, malsano, ma ad essi sufficiente) seguono ormai la strada dell'esodo verso l'Occidente, continente che sta sprofondando sempre più nelle pseudo ideologie della cosiddetta 'modernizzazione' laicista. Lo fanno per necessità, ma anche perché ingannate da poteri forti ad essi ignoti. Queste torme vorrebbero il meglio di ciò che viviamo, senza sapere - essendo degli ignoranti - che seguirci verso il cosiddetto 'progresso' capital-post-marxista, significa la morte sicura. La dipendenza materiale di queste masse incolte, strappate alla loro vera, ma naturale identità, si accompagna - e qui sta il paradosso - alla sensazione di avere raggiunto un traguardo che, a ben vedere, rappresenta, sempre per noi occidentali illuminati, la fine ultima di una Civiltà. E quindi la morte.


 L'Europa non è più nulla, sotto il profilo etico, giuridico e culturale. E' terra di conquista e di onanismo intellettivo ed interraziale. Come disse Giovanni Paolo II: "la crisi irreversibile della Cultura europea è una 'Crisi della Cultura cristiana'. Il disincanto nichilista dell'uomo europeo senza intelletto, radici e guida spirituale; il suo banale scetticismo, il suo relativismo di comodo ne sono una prova tangibile. L'ateismo acefalo di questa Europa che non mi appartiene, rappresenta ben di più che una 'ribellione' contro Dio, ma una semplice 'negazione' di Dio, Redentore dell'uomo (irriconoscente), ma centro - grazie a Lui - del nucleo e della Storia. Vico insegna.


 David Parenzo è decerebrato a tal punto che, se indicessero un concorso nazionale per il giornalista o commentatore più demente dell'anno, non riuscirre neanche ad arrivare primo....Forse terzo., seguito a ruota da Gad Lerner.


 Alla base del pensiero politico dei post marxisti non alberga mai un'idea propositiva o l'elaborazione di un concetto costruttivo, ma una naturale e malsana predisposizione all'odio verso l'avversario (Lenin stesso affermò che l'''odio è necessario per il Progresso"). Un odio derivante da una vana supponenza e dalla ferrea convinzione (egotica) di essere i 'migliori'. E' un problema atavico che dovrebbe suscitare l'interesse degli psichiatri.


 "Verrà un'alba in cui tutte le menzogne dei potenti in malafede si scioglieranno al sole. Occorrerà essere forti e coraggiosi" (S. Agostino). Per non soccombere nel nulla".. Chi ha un minimo di materia grigia comprenda.


 Un Paese che non conosce il valore dell'Onore e della Parola data, non è una Nazione. La farsa alla quale stiamo assistendo (tra PD e 5 Stelle) è la prova di tutto ciò. 


 l 'terzomondismo' compulsivo della Sinistra italiana fuksia non è soltanto una strategia politica (o una sponda) a beneficio del grande capitale finanziario mondiale e della UE. Trattasi di un atteggiamento da analizzare all'interno di un gabinetto psichiatrico o di una scuola per differenziati mentali. Non a caso (l'ho detto più volte), per essere di Sinistra non è strettamente necessario essere idioti (in senso patologico) o complessati livorosi, ma aiuta non poco.Povero Marx. Si dibatte nella tomba.


 La forza di un pensiero politico o culturale non si misura soltanto con la forza e il potere di chi ce l'ha, ma con la consapevolezza del 'giusto' insito nella volontà del singolo cittadino: specie che - dopo ciò a cui abbiamo assistito - non conta più nulla. La morte - ormai rubricata - della Democrazia non mi scandalizza, la prevedevo - da storico - da tempo (in realtà la Democrazia non è mai esistita come sistema. La 'democratica' Atene era, infatti, una semplice oligarchia). Ciò che mi scandalizza è l'assenza, quasi la stanchezza sodomitica di un popolo (il nostro) incapace di reagire, alcolizzato e contagiato dal nulla 'relativista' ed 'esotico', poiché ignavo ed ignorante circa le Sue nobili origini. E' la condanna genetica e culturale di un popolo, quello italiano, che non è mai riuscito a trasformarsi in Nazione organica e autocosciente. Tutto qui.


 Il problema non sta nella politica, ma nella scarsissima e penosa ed intriseca preparazione dei politici italiani. Se sei scemo farai una politica scema: sempre. E' un dato matematico, anzi, un'assioma..Non aggiungo altro. Anche perché non servirebbe a nulla.


 Il Cancelliere von Metternich aveva ragione. "Il popolo italiano? Imbelle e facile da dominare. Non hanno senso di appartenenza. "Si accontentano di liuti, feste e baccanali". "Sono servi ai quali basta concedere ogni tanto un pollo arrosto".


 Il mondo e l'Europa post caduta del Muro di Berlino, stanno marcendo nella melma dell'inconsistenza culturale e identitaria, grazie anche alla tencologia e alla tecnocrazia ultra liberista e ultra capitalista, putrefatta dalle pratiche speculativo-finaziarie tanto care alla UE e, paradossalmente, ai partiti pseudo progressisti di sinistra. La Cina? Non la considero: è l'idra a più teste. Occorre una guerra: sanguinosa, selettiva. Chi lo afferma non è un guerrafondaio, ma uno storico. Mai, nella Storia, appunto, l'Europa ha conosciuto più di 70 anni di Pace. Ed è anche la Natura maltrattata che lo vuole. Ci ha già avvertito più volte. Ripeto serenamente: occorre una guerra. Sanguinosissima e in grado di resettare la realtà socio-economica, riportandola alla Ragione.



Viaggiare. Non ho mai incontrato una persona che non 'ami viaggiare'. Sia ben chiaro, è cosa lecita, ma spesso inutile. Tanto per cominciare, occorre essere intelligenti e abbastanza colti: chi visita posti lontani e di questi nulla sa, farebbe meglio leggere prima qualche libro sull'argomento. Secondo - e qui entriamo nei meandri psicoanalitici. Viaggiare non vuol dire 'dimenticare' o prendersi una pausa dalle proprie nevrosi. Viaggiare è conoscere, in lievità, e riconoscere che certi posti della terra, esotici ed apparentemente misteriosi, sono una proiezione della propria povera banalità. Questo lo posso dire conassoluta certezza, anche perché, per motivi di lavoro,da giornalista, ho conosciuto una certa parte del mondo: vivendola di persona, e non avvalendomi di Alpitour, e di albverghi ed escursioni guidate.
Postilla: 'Più lontano vai, più cretino sei' (Ennio Flaiano, saggista, giornalista e grande uomo di cultura vera).


 La Cultura è importante, ma attenzione. Se la Cultura non è supportata dall'Intelligenza critica diventa pura 'erudizione', cioè un semplice elenco del telefono letto con minuziosa precisione.Al massimo, un Docente cretino può apportare un cambiamento di prefisso. Nulla di più.



Forti dubbi circa l'osservanza di Padre Bergoglio al Magistero della Chiesa.
I casi in cui è possibile (anzi, obbligatorio) opporsi a direttive papali contrarie al Magistero della Chiesa.
Il Romano Pontefice esercita un’autorità piena ed immediata su tutti i fedeli, e non ha nessuna autorità sulla terra a lui superiore, ma non può mutare la regola della fede né la divina costituzione della Chiesa, e se ciò accade, la “ disobbedienza ” ad un ordine in sé ingiusto si può spingere, fino alla resistenza al Sommo Pontefice. Si tratta di un caso raro, ma possibile, che non infrange, ma conferma, la regola della devozione e dell’obbedienza di ogni cattolico a Colui che è chiamato a confermare la fede dei propri fratelli.
La resistenza può essere privata, ma anche pubblica, e assumere le forme di una correzione filiale o fraterna. Il Dictionnaire de Théologie catholique afferma che la correzione fraterna è un precetto non opzionale, ma obbligatorio, soprattutto per chi ha incarichi di responsabilità nella Chiesa, perché discende dal diritto naturale e dal diritto positivo divino.
Prof. Roberto De Mattei (vaticanista). Dal suo scritto: 'Obbedienza e resistenza nella storia e nella dottrina della Chiesa'
Fonte: Radici Cristiane (periodico), 23 Maggio 2018.


 Fino a che la Sinistra avrà l'appoggio, diretto o indiretto, della UE, della grande finanza speculatrice, della massoneria e di un Vaticano - sebbene corrotto fino al midollo, agonizzante ed ormai disconosciuto dalla maggioranza dei veri cattolici italiani - ci sarà da combattere, per stabilire, una volta per tutte, che la Sovranità di uno Stato equivale sempre alla garanzia della sua libertà. Non è neanche una questione politica, ma culturale ed etica in senso stretto.

 
«Il clima cambia. Il clima è sempre cambiato. Come vi reagiamo è una questione di cultura». Lo scrive Wolfgang Behringer, uno storico tedesco che si è dedicato a un argomento piuttosto attuale e molto dibattuto: i cambiamenti climatici (il suo “Storia culturale del clima. Dall’era glaciale al riscaldamento globale” è pubblicato da Bollati Boringhieri). Tra le pagine si scoprono un mucchio di cose interessanti, per esempio che stiamo vivendo in un’era glaciale, che «nella storia del nostro pianeta si tratta di un’eccezione perché per il 95 per cento della sua storia sulla Terra non c’è stato ghiaccio permanente. Dal punto di vista statistico il clima peculiare della Terra è dato dai periodi interglaciali, nei quali faceva molto più caldo di oggi».
Il periodo caldo medievale (PCM), od optimum climatico medievale, fu un periodo di inusuale clima relativamente caldo, nella regione del nord Atlantico, durato circa 500 anni dal IX al XIV secolo.
Il PCM è spesso invocato nelle discussioni attuali sul riscaldamento globale che interessa il clima terrestre dal XXI secolo. Alcuni si riferiscono ad eventi come il PCM per sostenere che le previsioni fatte da più parti sono un'enfatizzazione di fatti già accaduti in passato e poi regrediti.
Il dibattito sull'entità di tale riscaldamento, così come del successivo raffreddamento durante la Piccola era glaciale, rimane tuttavia ancora aperto e rientra nella più ampia discussione nota ai più come controversia dell'hockey stick.


 Amo peccare in buona fede, perché è poi la mia buona, fragile, stessa fede a giustificare il mio peccato. Dio è grande (e paziente, oltre che psicologo).

 
Traendo spunto da un ottimo testo del filosoifo genovese Piero Vassallo, deduciamo che il vero ostacolo ad una sana e sensata restaurazione del 'senso comune' e della Tradizione è sì lo strapotere della tecnocrazia, la 'distorsione' del capitalismo globale e il concetto di relativismo portato alle sue estreme conseguenze dalla sinistra modernista, ma, più in profondità, il travestimento reazionario dell'ateismo moderno. Marx, autore della mitologia circolante intorno al 'proletariato redentore' e Nietzsche, il visionario oltreumano, non sono, infatti, alternativi, ma complementari nel processo di distruzione del 'senso comune'. E di fatto concorrono, in maniera seppure diversa, al disegno sovversivo che conduce alla disgregazione 'interiore' della società. Il nichilismo elitario di Nietzsche è di fatto la copia anastatica del comunismo onirico e religioso, non un suo antagonista. Roberto Calasso, epigono marxista a tensione debole, diventa quindi il legittimo erede della cultura di sinistra, e lo diventa grazie alla puntuale associazione contemporanea del nichilismo nazista e leninista all'ebbrezza del nulla di Nietzsche. Un connubio che ha portato allo sgretolaamento del 'senso comune', alla distruzione di ogni Valore costruttivo e salvifico (da quello aristotelico a quello di San Tommaso). Connubio che, paradossalmente (ma non troppo) ha aperto le porte al globalismo finanziario e filosofico ateo, cioè al 'marciume bestiale' già predetto da Gianbattista Vico.
 
 
 
Non ho mai nutrito pregiudizi nei confronti delle terapie psico analitiche (in tutte le loro varietà), ma ciò che molti analisti non hanno ancora capito è che - in molti casi - il 'male oscuro' che opprime e condiziona la vita di milioni di persone non è più riconducibile, almeno in buona misura, ad un disagio 'soggettivo' e personale, ma alla distorsione dei valori sociali ed economici ( input a valenza esogena) che incidono fortemente sulle personalità. In futuro, la psicoanalisi dovrà tenerere in massima considerazione gli effetti di una società sbalestrata, mondializzata e multiculturale, e ormai priva di punti di riferimento valoriali e tradizionali (quelli che davano finte certezze, ma certezze comunque), e del fattore antropologico. Senza considerare che un soggetto dotato di un quid intellettivo basso non è assolutamente in grado di affrontare qualsiasi tipo di psicoterapia: analitica o cognitiva.
 
 
 La Donna che crede in te è l'emblema che ti spinge, con il cuore sgorgante amore e paura dell'addio, a sacrificarti per un ideale. Queste Donne soffrono e piangono come te, in silenzio, ma tengono nel loro ventre e nel loro cuore una promessa che va aldilà d'ogni sacrificio. Chi, uomo o Donna, non crede, promette e non ama, non è nulla. Frasi al vento.
 
 
 Da giovane pensavo che l'idiozia fosse una sorta di maligna disgrazia, una specie di malattia che ingiustamente colpiva il prossimo. Da adulto, ascoltando le esternazioni di Laura Boldrini, mi sono accorto che l'idiozia è una 'scelta' di vita, una scelta 'intellettuale' che i più bravi riescono addirittura a trasformare in scienza paradigmatica.
 
 
 "LE VERE RAGIONI DELLA DEBOLEZZA DELL'OCCIDENTE RISIEDONO NEL 'PROGRESSO' E NELLA 'SCRISTIANIZZAZIONE' DEL CONTINENTE EUROPEO". (Augusto Del Noce, storico, filosofo e politologo liberale e laico).

"Alla fede in Dio – scriveva Del Noce poco prima della morte – si è sostituita l’idea della conquista del mondo", ovvero l’affermazione del diritto che il singolo soggetto ha su tutto il mondo. Diritto che non ha limiti, poiché garantito da una finta Libertà: quella tecnologica, tecnocratica, iper-capitalistica e, in ultima analisi, 'laicista'. "Il risultato è la più totale e radicale spersonalizzazione della vita umana e la perdita della propria identità": un'alienazione che porta un senso di paura crescente, tipico delle civiltà in decomposizione, come la nostra, azzannata dalle iene islamiche. Secondo il filosofo torinese il pluralismo culturale e il relativismo etico, derivanti dell’abbandono della metafisica cristiana, "sono stati entrambi i fattori che hanno trasformato la democrazia in tirannide molle e imbelle"