domenica 15 dicembre 2019

'La rivolta nazionalista irachena del 1941 - Antefatto dei conflitti che hanno sconvolto il Paese mediorientale', di Alberto Rosselli. Edizioni Mattioli 1885, Fidenza (PR).



 Cover del testo.


Sommario

Prefazione  di Fabio Bozzo                                                                          

Breve storia dell’Iraq, dalle origini fino agli anni Trenta/Quaranta del Novecento                
Brevi cenni geografici, idrografici e morfologici del Paese                            
Cenni etnico-religiosi                                                                    
L’Iraq post ottomano, il ‘mandato’ britannico e il fattore petrolio                         
L’importanza economica e geopolitica dell’Iraq nel corso della Storia                  
La Germania nazista e l’Italia fascista guardano con interesse al Medio Oriente            
Rashid Ali e il suo progetto indipendentista                                                  
La grande rivolta del 1920                                                                      
I volontari sceriffiani appoggiano Rashid Ali                                                 
Il ruolo della Francia di Vichy                                                               
L’esercito iracheno passa all’offensiva e attacca la base inglese di Habbaniyya              
I britannici prendono l’iniziativa                                                           
I britannici liberano Habbaniyya, conquistano Falluja e puntanosu Baghdad               
Verso Baghdad e il nord del Paese: la strategia britannica                            
La grande persecuzione anti ebraica                                                              
Il sogno indipendentista di Rashid Ali svanisce nel nulla                             
L’Iraq allo stato attuale                                                                          

Appendice
         Iraq: cronologia storica dal 1920 al 2002                                      
         Il panarabismo                                                                    
         Il panislamismo                                                                         

Note                                                                                     

Bibliografia                                                                                   
 
Sitografia  

domenica 8 dicembre 2019

Appuntamenti culturali a Genova. 'I costi del malessere sociale'.


Locandina.



San Tommaso e Aristotele. Brevi considerazioni di Alberto Rosselli.

San Tommaso d'Aquino.


Qualche asino si stupisce dell’interesse di San Tommaso per Aristotele e per la sua filosifia, accusandolo persino di mutare il vino della Sacra Scrittura nell’acqua della filosofia; egli risponde che, al contrario, egli converte l’acqua della filosofia nel vino della Scrittura. La sacra dottrina di Tommaso non si ritroverà alterata da Aristotele; sarà Aristotele a ritrovarsi “filosofo cristiano”. Da un lato, il dottore angelico è convinto che «ogni verità, da chiunque venga affermata, proviene dallo Spirito Santo», essendo Dio l’unica fonte della verità, sia essa naturale o rivelata (e Tommaso ha una grande stima dell’intelligenza e della ragione). Dall’altro lato, non teme di dichiarare che «una vecchietta ora sa di più nel campo della fede, che non una volta tutti i filosofi. La fede è molto più potente della filosofia, per cui, la filosofia non va accolta, se in contrasto con la fede».

domenica 1 dicembre 2019

L’Europa alla deriva. 'Quando il laicismo si fa religione'. (Fonte: Rivista 'Storia Verità', Dicembre 2017).



L’Europa alla deriva. 'Quando il laicismo si fa religione'. (Fonte: Rivista 'Storia Verità', Dicembre 2017).

di Alberto Rosselli

Predomina ormai in Occidente una nuova pseudocultura laicista che vorrebbe porsi come ‘credo’ universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita e una nuova morale. Una cultura per la quale risulta razionalmente valido soltanto ciò che è sperimentabile e calcolabile, mentre sul piano della prassi la libertà individuale viene eretta ed imposta alla stregua di un valore metafisico fondamentale ed intaccabile. Di conseguenza, dio rimane escluso dalla vita pubblica, e la fede diventa addirittura un optional, anche perché il mondo in cui viviamo viene presentato quasi sempre come opera e conseguenza della sola volontà umana, come ‘creazione’ laica nella quale le religioni – ad esempio, il cristianesimo, il credo europeo per eccellenza - vengono rappresentati da questa specie di nuovo deismo panteistico ipercritico alla John Toland (ma fino a che punto gli attuali soloni laicisti sono al corrente dell’opera del filosofo nord-irlandese vissuto a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo?), come punti di riferimento ‘non culturali’: concetti superati, superflui, e di intralcio al ‘progresso’.
La discutibile presa di posizione della Corte europea (tra i cui membri spicca pure il nome di un giudice turco: fino a prova contraria, non ci risulta che la Turchia faccia già parte della UE) nei confronti del simbolo del cristianesimo, cioè, l’abolizione del Crocifisso in nome di un esasperato anelito laicista, va purtroppo a minare il fondamento stesso di una Civiltà – non solo di una Religione - quella continentale, che nel corso dei secoli proprio dal cristianesimo ha tratto valori ampiamente condivisi da una vasta seppure variegata e talvolta litigiosa aggregazione di nazioni. In nome del laicismo e del relativismo filosofico e culturale, la Corte europea ha tuttavia annullato questa pratica esperienza, sentenziando con grande disinvoltura la presunta inutilità di uno dei valori fondanti del nostro modo di essere e di concepire la vita: atto destinato a provocare gravi ripercussioni e, soprattutto, a creare un precedente a dire poco imbarazzante. In nome di un multiculturalismo tendenzialmente demagogico che nulla a che fare con il vero progresso, le forti lobbies laiciste ed atee che largo potere esercitano all’interno delle istituzioni europee, hanno quindi deciso (ma – alla luce delle violente e comprensibili reazioni popolari scatenate - bisognerà vedere se ci riusciranno) di sbarazzarsi di un simbolo che, aldilà dei suoi significati metafisici, rappresenta la Storia, o meglio l’anima della Storia di un Continente. Ciò che più colpisce di questo puerile, ma pernicioso colpo di mano promosso dagli epigoni di un mal assimilato credo illuminista è e rimane la superficialità con la quale esso è stato compiuto: superficialità tipica della mentalità relativista. Ciò che i giudici europei non sembrano avere colto è infatti la netta distinzione esistente tra due termini, in senso positivo e negativo: pluralismo e, appunto, relativismo laicista. Come ebbe modo di sottolineare il 17 gennaio 2003 - nella nota dottrinale sull’impegno dei cattolici in politica (documento pubblicato dalla congregazione per la dottrina della fede)- l’allora cardinale Joseph Ratzinger, in politica il pluralismo è un concetto lecito e naturale in quanto in relazione alle molteplici questioni ‘politiche’ dibattute non esiste mai una risposta preconfezionata e condivisa, ma, al contrario, sussistono diverse possibilità di operare su base pratica e possibilmente etica, mentre il relativismo (in quanto prassi culturale e filosofica applicata anche alla politica) ha la pretesa di affermare che non esistendo alcuna verità etica e morale assoluta e vincolante per la coscienza, le risposte ai problemi possono esimersi dal tenere in debita considerazione la sfera spirituale dell’individuo, unico artefice del progresso, della libertà e della felicità. Ora, pur lasciando agli uomini di Chiesa e di fede ogni giudizio circa la necessità – si veda il ‘caso’ del Crocifisso – di conservare gli elementi fondanti della tradizione religiosa, ogni individuo non necessariamente di fede- ma realmente tollerante - non può fare a meno di riflettere circa l’intrinseca pericolosità di un credo laicista portatore di ‘valori’ che di fatto vengono imposti con la forza, non ‘offrono’, o lasciano scegliere. Trattasi, infatti, di una nuova ‘religione storica’ e contingentista quella neolaicista europea, che è legata unicamente all’evolversi di un antropocentrismo spinto, svincolato da ogni naturale anelito e riferimento metafisico e metastorico: una religione materialista a tutto tondo che, sbandierando il vessillo della democrazia, tende, paradossalmente, a sopprimere ogni libertà. Proseguire su questa strada, cioè permettere di continuare a supporre – come fanno i laicisti – che il vero pluralismo combaci con il relativismo, significa per l’Europa perdere i fondamenti dell’umanesimo e della stessa democrazia che, come si sa, si basano sul rispetto di norme condivise (non soltanto giuridicamente, ma culturalmente) a tutela della giustizia e della verità. Conseguente, in questo senso (ci si consenta una breve divagazione: la distinzione tra la laicità (necessaria, delle istituzioni) e il laicismo, inteso come esasperazione del concetto ‘storico’ di esistenza: credo ateo secondo il quale i contenuti morali cristiani debbono essere totalmente esclusi dalla politica, o dalle istituzioni. Alla luce della sentenza della Corte europea - sciagurata e paradigmatica (anzi, sintomatica) - non sono dunque soltanto i religiosi, ma i difensori della Ragione Illuminata (non illuminista), cioè i laici che hanno a cuore la Tradizione occidentale a dover scendere in campo. In gioco vi è infatti il futuro non soltanto economico o sociale, ma morale di un Continente che, nel corso dei secoli, sui fondamenti della filosofia cristiana ha costruito le sue alterne - ma in realtà uniche -vere fortune. I valori metastorici del Vangelo, se ben compresi ed assimilati, rappresentano, infatti, un’opportunità di crescita morale e culturale, non certo un pericolo per la democrazia o il progresso. Anzi, essi responsabilizzano e orientano gli individui, chiarendo dubbi e soprattutto dissipando equivoci derivanti dalla finta e speculativa contrapposizione tra ragione e religione. Contrariamente alla cultura laicista per la quale il concetto di ‘neutralità’ e di agnosticismo coincidono di fatto con un modernismo ateo incatenato al ‘contingente’ e al banale, anche se ineluttabile, ciclo morfologico di culture senz’anima che mai potranno trasformarsi in Civiltà.

Brevi considerazioni: 'Contro la falsa chiesa', di Alberto Rosselli.

Dipinto di Hieronymus Bosch.


Contro la 'falsa Chiesa'.

Di Alberto Rosselli

Pane al pane, vino al vino. La Chiesa non può essere 'sociale', mondana o filo marxista (come desidera papa Bergoglio, apostata conclamato), ma nemmeno capitalista in senso speculativo finanziario e mondialista, poiché entrambi questi sistemi storici hanno dimostrato di non essere capaci di di assicurare a tutti gli uomini i diritti fondamentali professati da Cristo e dal Diritto Naturale. Ma a quanto pare l’Occidente (ormai contaminato dalla lue nichilista e relativista atea) sembra essersi fatto sordo alla parola di Dio. Non a caso la deforma, la adultera (attraverso buonismi ipocriti), la scompone, la tradisce (attraverso un finto agire 'umanitario'); ne fa - in sostanza - oro per gli sciocchi, secolarizzandone il contenuto. “In seguito alla morte di Dio, tutti i falsi profeti si considerano eredi di Dio”. Di qui le nuove, fragili escatologie proiettate in un futuro esclusivamente mondano e telematico; di qui il proliferare di improbabili, nuove dottrine basate sul relativismo egoistico, sulle mode globalizzatrici e 'scientiste', frutto anch’esse della 'storicizzazione' radicale del cristianesimo. Di di qui la corsa folle verso l’utopia della tecnologia intesa come nuova ed unica Religione. E il tutto nell’illusione collettiva di avere imboccato una facile scorciatoia in nome di una sorta di “antropocentrismo illuminato”, utile forse a garantire interessi diplomatici e commerciali di potenti e di gruppi finanziari, a tutelare gli investimenti, a distruggere i salari, le pensioni, ma a mantenere sempre più l’uomo-schiavo nella sua permanente e sostanziale incertezza esistenziale, cioè preda inerme del Male.