sabato 17 marzo 2012

ESPLOSIONE DEMOGRAFICA IN NORD AFRICA: PROSPETTIVE E CONSEGUENZE



 
ESPLOSIONE DEMOGRAFICA IN NORD AFRICA
PROSPETTIVE E CONSEGUENZE

 

Nell’ultimi vent’anni, i paesi dell’Africa Settentrionale (Algeria, Egitto, Libia, Mauritania Marocco e Tunisia) hanno attraversato una fase caratterizzata da profondi cambiamenti dovuti a mutazioni economiche e ad un robusto incremento demografico. Una crescita di proporzioni tali da far pensare che sia destinata a modificare radicalmente, soprattutto attraverso i processi migratori, i rapporti tra quest’area del Continente Nero e l’Europa. Secondo i dati Onu del “World Population Prospects”, dai circa 75 milioni di abitanti del 1975, la popolazione nordafricana è passata ad oltre 158 (il professor Giuseppe Gesano dell’Istituto di Ricerche Demografiche e Politico-sociali del Cnr, stima che nel 2030 questa cifra lieviterà a 210 milioni). E nella fattispecie, tra il 2000 e il 2006, l’incremento è stato di ben 15,5 milioni, con una percentuale di soggetti di età inferiore ai 15 anni del 24% per la Tunisia e del 45,5% per la Mauritania. In buona sostanza un terzo dei quasi 160 milioni di abitanti dell’area nordafricana apparterrebbe alla fascia adolescenziale: un dato che, contestualmente al calo dei tassi di mortalità, potrebbe, secondo molti studiosi, determinare situazioni molto complesse e pericolose. A meno che nuove forme di cooperazione tra l’Occidente (nella fattispecie la UE) e il Maghreb, ma anche l’Egitto, non permettano ai singoli Paesi di portare a compimento il loro lungo e non facile processo di modernizzazione strutturale e infrastrutturale dell’economia, e di democraticizzazione delle istituzioni. Nell’ambito della rapida crescita demografica nordafricana, un dato molto significativo è rappresentato dall’aumento della popolazione urbana, salita dell’8% negli ultimi quindici anni, a fronte di uno spopolamento delle aree rurali. Si tratta, sempre secondo gli esperti, di un duplice fenomeno che tuttavia dovrebbe arrestarsi intorno al 2010, quando i processi di irrigazione e industrializzazione dell’agricoltura avviati, soprattutto in Egitto (si veda il megaprogetto idrico “Toshka” per lo “sdoppiamento” del Nilo) e Libia (la realizzazione del discusso “Great Man Made River Project”, la gigantesca rete di pipeline voluta da Geddhafi per dirottare acqua dalle profonde falde del Fezzan fino alla Tripolitania), non raggiungano i risultati auspicati. Detto questo, oggi come oggi, l’abbandono, soprattutto da parte dei giovani, delle aree rurali marocchine, algerine e tunisine, rappresenta ancora una tendenza molto forte destinata ad incrementare un inurbamento già di per sé estremamente forzato e disordinato delle grandi città costiere (Casablanca, Rabat, Orano, Algeri, Biserta, Tunisi, Tripoli, Bengasi, Alessandria): squilibrio che pesa non poco sull’intensificazione del fenomeno migratorio in direzione della sponda meridionale europea.
Le ultime ottimistiche proiezioni Onu parlano tuttavia di un Nord Africa destinato nel tempo a normalizzarsi sotto il profilo demografico, grazie al globale miglioramento dell’economia e al progressivo elevamento dell’istruzione media dei giovani e soprattutto delle donne, al quale però non fa ancora riscontro una contestuale crescita di offerte di lavoro qualificato ed equamente retribuito.
Detto questo, è indubbio che la crescita demografica che i Paesi nordafricani stanno sperimentando si sia riflessa in una mutazione economica mai verificatasi in passato. Per la prima volta si sta assistendo, almeno in taluni casi, al superamento dell’industria nei confronti dell’agricoltura ed anche al timido, ma irreversibile sviluppo del settore dei servizi. Starà alle istituzioni sapere “governare” con la dovuta intelligenza il duplice cambiamento (demografico ed economico), poiché un’evoluzione di questo tipo, soprattutto in virtù della sua rapidità, potrebbe generare conflittualità sociali non indifferenti, oltre che a problemi di gestione delle risorse. L’aumento della popolazione ha prodotto molta nuova forza lavoro giovane (tra i 18 e i 25 anni) che vanta un livello di istruzione ben più elevato rispetto a quello delle generazioni precedenti. Ma in economie ancora in via di sviluppo, come quelle dei Paesi magrebini, le istituzioni manifestano, come si è detto, una sostanziale incapacità ad offrire occupazione e soprattutto di monitorare il ritmo di sviluppo demografico e il già citato massiccio esodo in città grandi, ma sprovviste di abitazioni decenti e servizi: habitat ideale per il proliferare di povertà, scontento e per lo sviluppo di ‘tentazioni’ sovversive e fondamentaliste. Nel 2006, il saldo migratorio dei paesi nordafricani è oscillato tra lo zero di Libia e Mauritania e il -0,82 del Marocco: indice che dimostra quanto come il Nord Africa stia trasformandosi da punto di partenza in meta, o meglio in un’effimera speranza per nuove masse di poveri provenienti dall’area sub-sahariana. Lo sviluppo energetico di Libia e Algeria ha infatti attratto molti lavoratori provenienti dal sud, e cioè da Mali, Niger, Nigeria, Ciad, Camerun. Si tratta di diseredati che tuttavia dopo un soggiorno relativamente lungo – anche a causa dei bassi salari imposti dai governi magrebini agli “stranieri” – preferiscono cercare migliori condizioni di vita in Europa. Anche per evitare discriminazioni o improvvise massicce espulsioni, come è già accaduto in Marocco, Algeria e Libia  a metà degli anni Ottanta e dopo la crisi economica del 1995.


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