sabato 17 marzo 2012

L’ISLAMIZZAZIONE DELLA TURCHIA E LA MORTE DELL’EUROPA


  
L’ISLAMIZZAZIONE DELLA TURCHIA E LA MORTE DELL’EUROPA

  
La svolta islamista e antilaicista promossa con successo dal primo ministro Recep Tayyip Erdoğan, ha allontanato di fatto la Turchia dall’Europa. In seguito ai risultati del referendum dello scorso anno, l’Esercito turco – guardiano della Costituzione kemalista – è uscito sconfitto, ma non solo. Il referendum ha permesso ad Erdogan e al presidente Abdullah Gül di varare non poche modifiche alla costituzione. Oltre al ridimensionamento del ruolo delle forze armate, sono stati modificati i criteri di nomina dei membri della Corte Costituzionale e del consiglio supremo dei giudici e dei procuratori (Hsyk), il cui numero è stato aumentato, rispettivamente, da 11 a 17 e da sette a 21, con grandi vantaggi per la coalizione al potere, dato che la nomina di alcuni di questi magistrati sarà prerogativa del presidente della Repubblica (che milita nel partito di Erdogan) e del parlamento filogovernativo. Quest’ultimo ha anche avuto mano libera per reintrodurre il velo islamico per le donne (decisione non certo simbolica, ma di sostanza), e per processare per via civile (altro colpo inferto alla casta militare, dopo gli arresti dei graduati sospettati di politica anti governativa, avvenuti pochi mesi fa) gli ufficiali autori del golpe del 1980. Ora, di fronte a queste mosse, al contestuale avvicinamento della Turchia all’Iran, alla recente rottura delle relazioni tra Ankara e Tel Aviv e all’annuncio di un’alleanza militare con Cina e Russia, l’Europa, si vede costretta a riflettere circa l’opportunità o meno – al di là delle convenienze economiche – di considerare la Turchia come un possibile nuovo partner comunitario: questione che richiede la massima lucidità. A nostro modesto parere, lo schierarsi (a dire la verità ormai poco diffuso e convinto) a favore di questo ulteriore, anomalo allargamento dell’Europa in direzione di una penisola anatolica ‘reislamizzata’ sottintende – ora più che mai - due visioni antitetiche e antropologicamente inconciliabili del Vecchio Continente. Insomma, qui non è in gioco soltanto un certo numero, cospicuo, di seggi al parlamento europeo, ma una vera e propria Weltanschauung. Senza contare che la UE sembra dimostrare di non essere completamente edotta circa le vere intenzioni di Ankara in politica interna ed estera. Anzi, per quanto è dato di sapere, l’Europa della Turchia sembra capirsene ben poco (o di ‘non volersene capire’ affatto per ragioni pelose e/o inconfessabili). La Turchia non è mai stata un Paese trasparente e in linea – nonostante uno sbandierato laicismo di facciata - con la cultura civile e politica europea. Si tratta, infatti, di un mondo ambiguo e contraddittorio, sempre in bilico tra la sponda asiatica e quella europea dei Dardanelli, tra trattati di alleanza e guerre feroci, lungo il filo rosso di seicento anni di storia. Le figure chiave della storia turca recente, dal leader panturanista Enver Bey a Erdoġan, sono delineate nettamente, con tutta la loro sostanziale duplicità: quella di una nazione sempre divisa tra tradizione e modernità, tra islam e ‘progressismo laico armato’, seppure ormai in fase di netto declino. Un declino che sfalsa di fatto sia le posizioni assunte dai sostenitori di un eventuale ingresso di Ankara nella UE. La Turchia, oggi come oggi, non è più un’eccezione nel contesto del mondo islamico, ma una contraddizione che basterebbe, da sé, a dimostrare la complessità della questione dell’accesso in Europa di un popolo da noi molto distante e per nulla convinto della bontà di questa manovra, anzi. Se aggiungiamo a questo scenario, che, comunque, resta ancorato ad un movente prettamente economico della politica internazionale, ci rendiamo facilmente conto di quali e quante siano le implicazioni di una scelta aggregativa di questo tipo, soprattutto in seguito alla sterzata islamista di Erdogan. Una svolta che, tuttavia, non è del tutto nuova in quanto, dopo la morte del laicista Kemal Ataturk, i successori di quest’ultimo non rinnegarono mai l’’islamicità’ della Turchia, quasi a confermare quell’antica ambiguità di fondo. Potremmo quasi dire che, oggi, l’islam, in qualche modo, giustifica il modo di essere della Turchia contemporanea, rappresentando (come dovrebbe fare anche per l’Europa il Cristianesimo) il tramite tra un passato di splendore ed un futuro pieno di speranze. Ma anche con il suo proprio passato la Turchia non si è ancora misurarata pienamente, e questo rappresenta un deciso freno all’ingresso del Paese in Europa. Sul tappeto tre sono – meglio dire sarebbero state - le questioni decisive da risolvere per entrare a far parte dell’UE: il riconoscimento del massacro degli armeni, la perdurante persecuzione dei curdi e l’occupazione militare di Cipro ai danni della Grecia (Paese membro della UE). Contenziosi a parte, riemerge, oggi più che mai, un altro ostacolo, quello derivante dall’incompatibilità anatomica tra tradizione occidentale e islamismo insorgente e sostanzialmente anti laico e anti cristiano. Qui è infatti in gioco non l’entrata o meno della Turchia in Europa, ma la sopravvivenza stessa dell’Europa come entità culturale: percolo che la scristianizzata Bruxelles non sembra avvertire. La burocrazia europea basa infatti la sua essenza e la sua politica su un sostanziale rifiuto di ogni fede, optando per il “mercatismo”, il “politicamente corretto” e il “relativismo culturale” permissivista. Oggi, in Europa, l’esistenza di una verità morale e religiosa comune è praticamente bandita. Il Vecchio, ‘balordo’, Continente combatte, in buona sostanza, la propria anima e la propria cultura, mentre l’islam e la ‘nuova’ Turchia islamizzata di Erdogan si fanno sempre più vanto e forza della loro. Ma purtroppo, né i laici né gran parte dei cristiani, pare si siano resi conto del dramma che si sta profilando. I cristiani relativisti, nella fattispecie, lasciando sbiadire in se stessi la consapevolezza della verità posseduta, e sostituendo all’ansia apostolica il puro e semplice dialogo a tutti costi, stanno preparando inconsciamente la propria inevitabile estinzione. E il primo passo di questa estinzione epocale, che coinvolgerebbe un intero continente, potrebbe verificarsi proprio con l’entrata della Turchia in Europa.

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