domenica 18 marzo 2012

MAR LIGURE A RISCHIO TSUNAMI ?



 
MAR LIGURE A RISCHIO TSUNAMI ?

L’ipotesi, seppure remota, è di quelle da brivido, soprattutto dopo quanto si è verificato due anni fa lungo le coste asiatiche bagnate dall’Oceano Indiano. Secondo gli studi effettuati dal professor Bill McGuire del Benfield Greig Hazard Research Center, l’eventualità che uno tsunami provocato non da un maremoto o terremoto, “ma da uno sprofondamento o spostamento di un grosso ‘zoccolo’ sottomarino” si abbatta sulla Liguria non sarebbe da escludere, almeno in teoria. “Pur non trovandoci in presenza di vulcani sottomarini, taluni tratti dei fondali antistanti la costa Ligure e quella francese sono, seppure sulla carta, a rischio tsunami. Nel 1979, tra Nizza e Antibes, un’onda anomala prodotta dall’improvviso cedimento di uno zoccolo sottomarino prospiciente il litorale di circa un chilometro di lunghezza e 100 metri di larghezza, diede origine ad un’onda di 10 metri che spazzò la passeggiata a mare, allagando la litoranea, lambendo le abitazioni e causando ben 11 morti e diverse decine di feriti”. Ricordiamo, a questo proposito, che nel 1986 e nel 2004, la Plage de Beauduc (Camargue) e la Plage di Pointe-Rouge di Marsiglia furono anch’esse interessate dal medesimo fenomeno che produsse tuttavia marosi decisamente più modesti, tra circa cinque e i sei metri di altezza. “Naturalmente, casi come questi sono abbastanza rari, ma non si può escludere che si verifichino nuovamente, soprattutto in certe aree particolari, come le zone portuali sottoposte ad intensi lavori di dragaggio dei fondali o a tombamenti effettuati per la realizzazione di pesanti piattaforme in pietra o cemento armato”, come ad esempio moli e terminali. Tali operazioni possono talvolta (come è già accaduto in Giappone) provocare il cedimento o lo slittamento improvviso di porzioni di ponti sottomarini: smottamento che, come si è detto, può a sua volta innescare spostamenti di grosse masse d’acqua in superficie”. Ma la Liguria e le sue città costiere sono dunque a rischio tsunami? Fortunatamente, stando alle opinioni degli scienziati, non sembrerebbe, posto che l’uomo non contribuisca con il suo stesso ingegno a modificare ciò che il mare e la natura hanno pazientemente modellato nell’arco dei secoli. “Tutto dipende - spiegano i cervelloni del Benfield Greig Hazard Research Center - da una condizione, quella di procedere, nell’eventuale costruzione di nuovi terminali esterni alle dighe foranee con estrema cautela, effettuando adeguati studi preliminari sulla consistenza dei cosiddetti ‘balconi’ sottomarini. Ciò che in passato è accaduto a Nizza, ma anche in altri porti dell’Estremo Oriente, non dovrebbe quindi essere preso sottogamba, a scanso di brutte sorprese. Detto questo, le tecnologie e i mezzi per studiare e verificare la tenuta dei fondali esistono, ragione per cui non vi sarebbe – sempre secondo gli esperti - alcun motivo di allarme. Negli ultimi secoli, non soltanto i paesi affacciati lungo le coste o le molte isole e arcipelaghi dell’Oceano Pacifico (Cina, Cile, Perù, Alaska, Australia, Giappone, Nuova Guinea e Hawaii) sono stati devastati dagli tsunami. Anche le isole e le coste della Grecia e della Turchia (ricordiamo ad esempio il terremoto e la micidiale onda di 30 metri che sconvolsero nel 1999 la cittadina anatolica di Izmit) e talune regioni costiere dell’Italia meridionale, soggette ad elevata sismicità, hanno subito la medesima offesa. Nel corso della storia, anche abbastanza recente, i litorali pugliese, siciliano e calabrese sono stati investiti da singole o diverse onde anomale alte talvolta 20 o addirittura 30 metri, capaci di spazzare via interi paesi e di affondare o fare arenare navi anche di notevole tonnellaggio. Stando al parere unanime degli esperti, nel corso della storia gli tsunami mediterranei si sono verificati sempre in concomitanza di potenti terremoti e/o maremoti, vedi quelli verificatisi negli anni 1627, 1693, 1783 e 1908. Basti pensare che una parte dei gravissimi danni causati dal terremoto di Messina furono da addebitare ad una serie di onde alte circa 20 metri che in seguito alla scossa si fransero lungo il litorale della martoriata città. Ma andiamo per ordine. Una delle più spaventose onde che si siano mai viste montò nella zona centro-meridionale dell’Adriatico il 30 luglio 1627, andando ad infrangersi contro il promontorio del Gargano. Questo tsunami fu innescato da un terremoto avente come epicentro l’area a nord-est di San Severo. L’onda, alta circa 40 metri e lunga cinque chilometri investì la zona costiera tra Fortore e San Nicandro, nei pressi del Lago di Lesina, sommergendo decine di paesi costieri e causando la morte di 5.000 persone. Le pittoresche (ed iperboliche) cronache dell’epoca riferiscono che la città costiera di Termoli “sprofondò” negli abissi “per poi ritornare a galla come un tappo di sughero”. Esagerazioni a parte, a Termoli l’onda provocò in effetti danni gravissimi e centinaia di vittime. L’11 gennaio 1693, la Val di Noto (Sicilia orientale) venne scossa da un terremoto di magnitudo 6.8 che causò la morte di 70.000 persone e la distruzione pressoché totale di villaggi e cittadine nelle province di Siracusa, Ragusa e Catania. In quell’occasione, le città Catania, Augusta e Messina furono investite da uno tsunami di circa 20 metri di altezza che distrusse numerosissime imbarcazioni all’ancora e abitazioni costiere, danneggiando anche il monastero di S. Domenico in Augusta. Nel febbraio 1783, la Calabria sperimentò la più violenta e persistente sequenza di terremoti di cui si abbia memoria negli ultimi duemila anni. Il 5 febbraio, il primo sisma danneggiò circa 400 paesi causando 25.000 vittime, molte delle quali residenti a Messina. Subito dopo, un gigantesco tsunami innescato dal sisma andò ad infrangersi contro Reggio Calabria, Messina, Torre del Faro, Cenidio e Scilla. Messina, Reggio Calabria , Roccella Ionica, Scilla e Catona ebbero le strade allagate e l’acqua del mare si addentrò nella terraferma per quasi due chilometri trascinando a secco decine di pescherecci. Il giorno seguente, si verificò una seconda scossa tellurica con un nuovo tsunami che distrusse praticamente l’intera Scilla. La particolarità di quest’ultima grande onda è che essa non venne direttamente provocata dal terremoto, ma dallo scivolamento in mare di una parte del Monte Paci. Molti abitanti di Scilla, spaventati dalla terribile sequenza delle scosse, cercarono rifugio sulla spiaggia, ma qui vennero sorprese dalla ondata alta 12/15 metri. Millecinquecento furono le vittime. Il 28 dicembre 1908, Messina e in misura minore Reggio Calabria vennero sconvolte dal più potente terremoto mai registrato in Italia (pari all’undicesimo grado della scala Mercalli). Dopo la prima giornata di spaventose scosse, ne seguirono per 72 ore altre 60 di minore intensità, alle quali si aggiunsero le 2.000 di assestamento registrate nei due anni seguenti. Nella catastrofe perirono 70.000 persone su una popolazione di 170.000 abitanti ed oltre il 90% degli edifici della città venne distrutto. Il sisma provocò inoltre un mostruoso tsunami, in assoluto il più grande mai registrato nel nostro Paese. Dapprima, lungo la costa si manifestò un ritiro delle acque, seguito pochi minuti dopo da tre grandi ondate che portarono distruzione e morte. Le località più duramente colpite furono Pellaro, Lazzaro e Gallico sulle coste calabresi e Riposto, S. Alessio, Briga e Paradiso su quelle siciliane. Tutte le costruzioni situate a meno di 300 metri dalla spiaggia vennero spazzate via dall'impeto dei marosi.
Alberto Rosselli

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