L'EUROPA MISCREDENTE E' IN FONDO, E SUO MALGRADO, CRISTIANA E NON HA NULLA IN COMUNE CON IL MONDO ISLAMICOE MANCO CON LA TURCHIA
di Alberto Rosselli
Il professor
Massimo De Leonardis, ordinario di Storia delle Relazioni e delle Istituzioni internazionali
e di Storia dei Trattati e Politica internazionale all’Università Cattolica del
Sacro Cuore, Milano, ha posto, al riguardo delle presunte affinità tra mondo europeo e islamico sbandierate da progressisti terzomondisti e liberisti atei, una premessa, diciamo propedeutica, circa l’inscindibilità storica tra cristianità ed europeismo. “E’
unicamente grazie alle sue radici cristiane che l’Europa ha potuto godere di
grande sviluppo e successi in ogni campo, culturale, artistico, economico,
scientifico e tecnico, diffondendo la civiltà in tutto il mondo. (…) L’Europa è
un concetto geografico, la cristianità è il territorio dell’ordine cristiano che
plasma la società e lo Stato. L’Europa come entità politica e spirituale nasce
con il Medioevo. La cristianità medioevale fu, ad un tempo, “nascita” e “frutto”
dell’Europa. Nascita, perché la formazione di un’Europa non in senso geografico
od amministrativo ma ideale e perenne, fu possibile soltanto su basi romane e
cristiane (…); frutto, perché al tempo di Carlo Magno tale unità venne
raggiunta”. Sempre secondo De Leonardis la respublica
christiana esprimeva il concetto di un’Europa che riconosceva come sue
massime espressioni istituzionali il Sommo Pontefice e il Sacro Romano
Imperatore, “anche se con il tempo tali figure spesso si trovarono contrapposte”.
Ma veniamo alla considerazione più interessante. “L’identità politica e
spirituale europea, la respublica
christiana – spiega De Leonardis - si venne a formare e a consolidare anche
grazie alla contrapposizione tra l’Europa e il suo nemico mortale, l’impero ottomano”.
Ma c’è di
più. Secondo Ludwig Hertling, professore di Storia Ecclesiastica all’Università
Gregoriana di Roma, “la Chiesa e l’islam sono da sempre le due grandi rivali
nella storia religiosa dell’umanità”. Una contrapposizione che, nonostante il
passare dei secoli, non sembra essersi affievolita. Anzi, stando agli eventi
degli ultimi dieci anni, essa si è di fatto inasprita, non certo per volontà
della Chiesa, ma per la crescente e palese ostilità – antioccidentale e
anticristiana - manifestata da gran parte del mondo islamico. Ciononostante, l’Europa
non sembra accorgersi di nulla, o pare volere ignorare, magari per interessi
economici e finanziari, tale verità. “La respublica
christiana medioevale – rammenta De Leonardis - trovava la sua unità nella
comune fede religiosa[1].
Mentre l’Unione Europea basa la sua essenza e la sua politica su un sostanziale
rifiuto di ogni fede, di ogni dogma, sul permissivismo, sul “politicamente
corretto” e – aggiungiamo noi – sulla “tentazione relativista”. In ogni virtù l’eccesso è sempre nocivo, se
non fatale, scriveva J. B. Duroselle. E questo eccesso per l’Europa si
identifica oggi con il lassismo e il permissivismo”. “Oggi, in Europa, tutto è
tollerato e l’esistenza di una verità morale e religiosa comune è praticamente
bandita. Assistiamo al trionfo delle tesi di Voltaire, che proponeva: nessuna libertà per i nemici della libertà
(dichiarazione che a nostro parere non fa certo onore all’indiscutibile acume
del filosofo) e di quelle di un Locke, che negava
ai cattolici la libertà di professare la loro fede”.
L’Europa combatte,
in buona sostanza, la propria anima e la propria cultura, mentre l’islam si fa
sempre più vanto e forza della sua. “Da alcuni anni a questa parte – continua
De Leonardis - la minaccia islamica ha assunto una doppia curiosa valenza. Da
una parte abbiamo il terrorismo e dall’altra la disgregazione (o “autodisgregazione”,
nda) dell’identità cristiana europea”. (…) La storia insegna che l’islam avanza
quando la Chiesa vacilla e i cristiani si lasciano sedurre dal lassismo
spirituale (e dal relativismo filosofico, nda). Ma la storia insegna anche che
i mussulmani per primi disprezzano i cristiani che si proclamano laicisti”. Qualche
hanno fa il cardinale Giacomo Biffi aveva invitato a limitare l’immigrazione
mussulmana, ammonendo: “non possiamo edificare una casa tutta aperta. Prima si
costruiscono le mura, poi le porte. Questa Europa non ha futuro. O l’anima
cristiana si risveglierà o l’Europa diverrà islamica, anche perché i mussulmani
vengono con il loro bagaglio di intransigenti principi (…) Purtroppo, né i
laici, ma nemmeno gran parte dei cristiani, pare si siano resi conto del dramma
che si sta profilando. (…) I cattolici, lasciando sbiadire in se stessi la
consapevolezza della verità posseduta, sostituendo all’ansia apostolica il puro
e semplice dialogo a tutti costi, stanno preparando inconsciamente la propria inevitabile
estinzione”.
“Uno dei
sostenitori del teorema “storico” che giustificherebbe l’entrata della Turchia
in Europa è l’ex ambasciatore Sergio Romano. Egli ha più volte ricordato, a
beneficio della sua tesi, che sia in età moderna che contemporanea l’impero ottomano
ha partecipato più volte ai giochi diplomatici europei. “I re cristiani di
Francia siglarono ripetute intese con il sultano in funzione anti-asburgica, e
alla metà del XIX secolo Francia, Gran Bretagna e Regno di Sardegna si
allearono con la Sacra
Porta in funzione antirussa partecipando nel 1854 alla Guerra
di Crimea”. Tutto esatto, ma non sufficiente a supportare un teorema. “Se è
vero che sia Francesco I sia Luigi XIV di Francia strinsero frequenti seppur temporanee
intese con la Sacra Porta
– commenta De Leonardis – tali sovrani mai si sognarono di trasformare la
Francia in una nazione multietnica e multiculturale. E quando, nel XVI secolo,
i turchi presenti in alcune basi navali della Provenza affittate ai turchi
iniziarono a creare problemi di convivenza con la locale popolazione, il re
revocò immediatamente tali concessioni”. In ragione di queste osservazioni
cadrebbe quindi ogni teoria “storicistica” a sostegno di una presunta “vicinanza”
tra Turchia ed Europa. “Non vedrei difficoltà – conclude De Leonardis – ad una adesione
“leggera” della Turchia all’Europa, cioè nell’ambito di una zona economica di
libero scambio. Chiedere o volere di più non risulterebbe a mio parere
possibile perché i due soggetti in esame non condividono affatto un patrimonio
comune di civiltà e cultura”. Tesi, questa, condivisa anche da un illustre
pensatore cattolico brasiliano, Plinio Correa de Oliveira, che non sembra
credere nemmeno alla cosiddetta “funzione sanitaria” della Turchia sostenuta da
diversi politologi. “Una volta entrata in Europa, la Turchia si rivelerebbe una
“barriera” contro il dilagante fondamentalismo islamico, o non piuttosto un
comodo “ponte” per un islam proiettato alla conquista culturale e religiosa del
Vecchio Continente che di fatto sembra avere abdicato alla propria civiltà?”.
[1] Secondo Sedat Laçiner (Direttore dell’
International Strategic Research Organization & IR Lecturer, Canakkale
Onsekiz Mart University.), “l’Europa è un’idea relativamente moderna in quanto
per gli antichi essa non significava unità politica e culturale.
Geograficamente, l’Europa è una delle penisole del continente asiatico, come
l’India o la penisola arabica. Inoltre, essa non ha confini naturali molto
chiari che la distinguano dall’Asia. Per Gerad Delanty docente in sociologia
all’Università di Liverpool e York University in Ontario, “esiste ben poca
congruità storica tra la moderna nozione di Europa e quella greco-romana”. Per
gli ellenici, come più tardi per i romani, la parola Europa fu
associata in primo luogo ad un mito piuttosto che ad una cultura scientifica”.
Oltre a ciò, Delanty ricorda che il cosiddetto “etnocentrismo” romano “trovava
spazio e ragione d’essere non sull’idea di Europa, ma sul mito stesso di Roma,
intesa come centro culturale e civile del mondo. Per lungo tempo, perfino i
cristiani non poterono cambiare la situazione. Agli inizi dell’era cristiana essere
un cristiano equivaleva ad essere un romano, non certo un europeo. Tutto però
cambiò con la fine dell’Impero e con l’inizio dell’era medioevale, allorquando
l’Europa dovette iniziare a fare i conti con un islam militarmente,
religiosamente e culturalmente forte, ed invasivo. Un islam che, proprio in
virtù della sua robusta connotazione ideologico-religiosa, avrebbe potuto
forse, per certe regioni mediterranee, rappresentare un’alternativa alla ancora
fragile identità occidentale postromana. In seguito, i frequenti conflitti tra
mondo islamico e cristiano (e il contestuale rafforzamento della Chiesa, nda)
contribuirono indubbiamente a fare emergere e consolidare l’’idea dell’ Europa
come specifica entità culturale e religiosa degna di essere difesa e
salvaguardata”.
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