MA SIAMO PROPRIO SICURI CHE IL POPOLO TURCO ASPIRA AD ENTRARE IN EUROPA?
di Alberto Rosselli
Premessa d'obbligo. Cerchiamo
di valutare le reali intenzioni del popolo anatolico nei confronti della
questione (o “opportunità”) Europa. “In Turchia – spiega Fabio Salomoni - la
scena politica presenta un quadro abbastanza netto. Da un lato abbiamo l’entusiasmo
del governo Erdoğan e del suo partito che hanno scommesso sulla ruota europea
tutta quanta la loro credibilità ed il loro futuro politico, mentre dall’altro
ci troviamo in presenza di un’opposizione, rappresentata dal partito CHP (Cumhuriyet Halk Partisi, Partito
Repubblicano del Popolo) - dilaniato da feroci lotte intestine ed incapace di
costituire una visione politica alternativa - che accusa Erdoğan di non essere
stato in grado di difendere gli interessi del Paese”.
Più complesse e frastagliate sono invece le posizioni sulle quali si
attesta l’opinione pubblica turca che appare attraversata da sentimenti e
reazioni assai più complesse e spesso contraddittorie. Scongiurato il pericolo
di soluzioni alternative, come quella di uno “statuto speciale”, ventilate da
molti ambienti politici europei, la popolazione turca manifesta oggi un
generale senso di logoramento generato dal carattere martellante assunto dalla “campagna
europea” che, quantomeno negli ultimi due anni, ha monopolizzato l’attenzione
dei mass media ed occupato buona parte dell’agenda politica. Il dibattito sull’Europa
ha di fatto oscurato molti gravi problemi che attanagliano la vita quotidiana
di gran parte del Paese: primi fra tutti la disoccupazione e la povertà. L’effettivo
ritardo economico del Paese, il suo crescente peso demografico e la sua
delicata posizione geografica hanno destato non poche perplessità. In generale
ci si chiede perché tutte queste delicate tematiche, ben presenti nell’opinione
pubblica turca, siano state discusse dagli Europei solamente ora e non, ad
esempio, nel 1999 a
Helsinki, quando l’UE decise di accettare la candidatura turca subordinandola
al rispetto dei cosiddetti “criteri di Copenaghen”. La sensazione è che all’epoca
l’Unione non avesse serie intenzioni di combinare il matrimonio con la Turchia
e non credesse nemmeno nelle capacità del paese di realizzare le riforme
richieste.
Diffidenza nei confronti della politica del governo di Ankara e della
Comunità Europea ma anche consapevolezza dell’importanza del grande passo che
il paese si appresta - o spera di riuscire - a compiere, sono dunque le note che
caratterizzano l’atteggiamento di buona parte dell’opinione pubblica turca.
Incertezza, dubbi, ma anche necessità economiche e “desiderio di progresso”
sembrano contraddistinguere le opinioni che emergono soprattutto dai ceti medi
o emergenti moderati e laicisti del paese che, tuttavia, non rappresentano la
maggioranza assoluta dell’elettorato. Di parere nettamente contrario, o per lo
meno pervasi da scetticismo, appaiono ancora larghi strati della popolazione,
soprattutto quelli fortemente legati agli ideali nazionalisti e al mondo
religioso islamico. Comunque sia, fare oggi stime esatte o avanzare ipotesi
circa le reali intenzioni e gli autentici desideri (o speranze) del popolo
anatolico appare ancora esercizio alquanto arduo. Senza contare che il
cambiamento della situazione politica ed economica mondiale, l’evolversi dei
rapporti tra Turchia e Stati Uniti e le incognite legate alle questioni
mediorientali e al fattore terrorismo internazionale, potrebbero giocare un
ruolo determinante nel modificare le opinioni di un popolo, quello turco,
sostanzialmente diviso su non pochi temi.
Un discorso a parte va fatto per gli appartenenti alla folta comunità turca
che risiede in Germania. Secondo l’esponente del Partito Verde, Cem Özdemir “una
buona parte dei cittadini turchi sarebbe favorevole all’ingresso di Ankara nel
consesso unionista, anche se esistono gruppi nazionalisti (ma anche
raggruppamenti dell’area moderata) che avversano questa ipotesi, poiché
ritengono che la madrepatria stia concedendo troppo all’Europa in cambio di
semplici promesse”. Secondo Cem Özdemir, su un tema delicato come quello dell’adesione della Turchia “sarebbe comunque
giusto che fossero i popoli e non i governi europei ad esprimersi,
magari con un referendum. Detto questo, ritengo paradossale, però, che Malta,
da sola, possa decidere attraverso un sistema di questo tipo se accettare o meno
la Turchia”. Circa poi il non eccelso livello di integrazione della minoranza
turca in Germania, Cem Özdemir ritiene che le responsabilità siano da
suddividersi equamente tra turchi e tedeschi. “Una delle ragioni della scarsa “permeabilità”
sociale da parte della società tedesca sta nel sistema scolastico. D’altro
canto sono stati gli stessi immigrati a non favorire la creazione di strutture
che li potessero integrare meglio nella società tedesca. Oggi però ci sono
molti segnali che indicano un generale miglioramento della situazione, dalle
condizioni delle donne ai rapporti culturali. Il nostro obiettivo deve essere
una società in cui gli immigrati siano equamente rappresentati in tutti gli
strati sociali, non perché immigrati ma perché persone uguali a tutte le altre.
Per i turchi-tedeschi – conclude Cem Özdemir - l’adesione porterebbe alcuni
vantaggi pratici: il diritto di voto alle elezioni comunali ed una serie di
norme sull’espatrio meno restrittive di quelle attualmente in vigore. Senza
considerare che i non pochi immigrati turchi della prima generazione che
vorrebbero ritornare in patria lo potrebbero fare con grande facilità, senza
tuttavia dovere rinunciare ai loro legami con la Germania”.
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