COSA C'ENTRANO I TURCHI CON L'EUROPA?
di Alberto Rosselli
I sostenitori dell’ingresso
della Turchia in Europa sono dell’idea che non esistano differenze sostanziali
e discriminanti (di razza e di cultura) tra il popolo anatolico e quello del
Vecchio Continente. E ricordano, non a torto, che i turchi hanno coabitato con
gli occidentali nei Balcani dal XIV all’inizio del XX. Secondo l’opinione di
storici come Franco Cardini - tanto per fare un esempio - la regione balcanica
risentirebbe ancora oggi della pesante eredità ottomana. “Nei Balcani – si
allinea lo storico ed esperto di geopolitica Claudio Mutti - la cultura turca è
intrecciata con quelle locali, sul piano linguistico, letterario, gastronomico
e musicale. Solo chi pensa che l’Europa sia un sobborgo multiculturale di
Bruxelles può ignorarlo”. Insomma, diversi studiosi sostengono che sotto il
profilo formativo e politico la Turchia sia già da tempo “conficcata” in Europa
divenendo parte integrante di essa.
A sostegno
delle loro tesi, studiosi come Mutti, citano anche particolari ed interessanti
trattati della fine del XVIII secolo: Il Nuovo Trattato della Sfera di P. Jacquier e la Nuova Geografia Universale di Padre Claude Buffier.
Bene. Nel rappresentare dal punto di vista geopolitico il Vecchio Continente, si
evidenziava quella che a quel tempo veniva chiamata “la Turchia europea”, così
detta in quanto parte di un’Europa “appartenente al Gran Signore, con a Settentrione
la Schiavonia,
l’Ungheria, la Polonia, e la
Moscovia; a Levante il mare delle Zabacche, lo Stretto dei
Dardanelli, e l’Arcipelago; a Mezzodì lo stesso Arcipelago, il mare di Candia,
ed il Jonico; a Ponente il Jonico, l’Adriatico e la Germania”. Nel testo i
turchi erano descritti come “discendenti dagli sciti che alla testa di Ottomano”
stabilitisi sulle rovine degli imperatori greci bizantini. “Essi erano di
religione maomettana, pur avendo molti cristiani, per la maggior parte
scismatici, obbedienti al Patriarca di Costantinopoli, Capo della Chiesa Greca
Orientale ed altri, quali i maroniti (cattolici romani), gli armeni, i georgiani,
i giacobiti, cristiani nestoriani, copti ed appartenenti ad altre fedi”.
Tutto questo
oltre due secoli fa. “Ma oggi – si domanda Daniele Marconcini rappresentante del Consiglio
Regionale Lombardo nella Consulta dell’Emigrazione - esiste ancora una Turchia
europea, seppure entro confini più angusti, con legami socio-culturali tali da
giustificare l’apertura del negoziato sull’entrata d’Ankara nell’Unione
Europea?”. “Partiamo dall’attuale identità “europea” della Turchia. Il
presidente francese Chirac ha affermato che i turchi sono “figli di Bisanzio”
anche se ambienti conservatori e religiosi turchi respingono con vigore questa
definizione, preferendo sottolineando la loro identità turca e mussulmana.
Altri, invece, hanno rivendicato l’eredità storica e culturale di Bisanzio,
ovvero dell’impero romano d’Oriente, allusione che suggerisce un legame diretto
con l’Europa. La conquista di Costantinopoli da parte degli ottomani, la loro
avanzata fino a Vienna e l’insediamento nei Balcani dimostrano che la Turchia è
già da tempo in Europa. Tanto più che gli ottomani, oltre ai matrimoni con
alcune illustri bizantine, hanno conservato molti simboli della stessa
Bisanzio: la moneta con l’effigie di Giustiniano o il nome di Istanbul, che
deriva dal greco istin polis, “nella
città”. Un legame sufficiente per fare affermare ad alcuni che gli ottomani e i
turchi d’oggi altro non sono che romani islamizzati. Sull’appartenenza
storico-economica all’Europa un’autorevole risposta l’ha già data l’Indipendent Commission on Turkey di cui
fanno parte tra gli altri Anthony Giddens, Emma Bonino, Martti Ahtisaari,
Bronislaw Geremek. Si tratta di una Commissione formatasi col supporto dell’Open Society Institute e del British Council, con lo scopo di
esaminare gli eventuali benefici di un’adesione della Turchia all’UE. Secondo la
Commissione “la Turchia è uno stato eurasiatico, la sua cultura e la sua storia
sono saldamente intrecciate con il Vecchio Continente. Quindi, la sua adesione
all’Unione Europea risulterebbe più che lecita”, anche in considerazione dei
grandi passi già compiuti da Kemal Atatürk lungo la strada dell’occidentalizzazione.
“La gente non civilizzata – disse il padre della Turchia moderna - è condannata
a rimanere sotto la dominazione dei Paesi civilizzati. E la civilizzazione è l’Occidente,
cioè il mondo moderno, di cui la Turchia deve far parte se vuole sopravvivere”.
“L’entrata della Turchia in Europa – continua Marconcini - dimostrerà all’Occidente
che la convivenza tra religioni diverse è possibile in politica, nella cultura
e nella vita di tutti i giorni”, come ha recentemente affermato Mustafa Akyol
dell’Intercultural Dialogue Platform,
un’associazione di intellettuali nata per promuovere e sviluppare il dialogo
interreligioso. (…). “Il governo di Ankara dovrà semplicemente adeguarsi ai
criteri ai quali tutti i paesi candidati devono attenersi: stabilità
istituzionale tale da poter garantire la democrazia, stato di diritto, rispetto
dei diritti umani e delle minoranze”.
Secondo lo storico Franco Cardini, grande
esperto di cultura islamica, sarebbe insensato impedire alla Turchia di entrare
Europa soltanto perché paese mussulmano. L’Europa, pur essendo in maggioranza
cristiana, non è infatti un “club cristiano”. In essa vivono molti mussulmani,
persone che hanno acquisito diritti civili e, seppure in misura differente,
atteggiamenti mentali europei. Cardini è poi convinto della serietà della
scelta europea turca rammentando gli sforzi compiuti, a partire dalla fine dell’Ottocento,
da organizzazioni nazionaliste e progressiste, come quella dei Giovani Turchi, per
avviare un generale processo di modernizzazione, in senso occidentale, dell’impero,
o ricordando, anch’egli, il sostanziale successo conseguito poi dalla radicale
politica riformista di un Kemal Atatürk. Politica – come ha osservato
acutamente Cardini – che oggi verrebbe giudicata fin troppo laicista dalla
stessa UE. Per Cardini, un’esclusione della Turchia dall’Europa sarebbe dunque
ben poco plausibile. Anche se tra XV e XVIII secolo i dissidi armati tra l’impero
ottomano e l’Occidente risultarono sicuramente molto frequenti. “Ma se per assurdo – conclude Cardini -si
dovesse assegnare un ruolo qualsiasi nel processo d’integrazione europea al
peso delle inimicizie passate, l’Unione Europea non sarebbe mai nata. Basti pensare
alle numerose, sanguinose guerre tra gli stati del Vecchio Continente e ai
conflitti religiosi tra cattolici e protestanti”.
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