lunedì 30 luglio 2012

COSA C'ENTRANO I TURCHI CON L'EUROPA?


  

COSA C'ENTRANO I TURCHI CON L'EUROPA?

 di Alberto Rosselli

I sostenitori dell’ingresso della Turchia in Europa sono dell’idea che non esistano differenze sostanziali e discriminanti (di razza e di cultura) tra il popolo anatolico e quello del Vecchio Continente. E ricordano, non a torto, che i turchi hanno coabitato con gli occidentali nei Balcani dal XIV all’inizio del XX. Secondo l’opinione di storici come Franco Cardini - tanto per fare un esempio - la regione balcanica risentirebbe ancora oggi della pesante eredità ottomana. “Nei Balcani – si allinea lo storico ed esperto di geopolitica Claudio Mutti - la cultura turca è intrecciata con quelle locali, sul piano linguistico, letterario, gastronomico e musicale. Solo chi pensa che l’Europa sia un sobborgo multiculturale di Bruxelles può ignorarlo”. Insomma, diversi studiosi sostengono che sotto il profilo formativo e politico la Turchia sia già da tempo “conficcata” in Europa divenendo parte integrante di essa.
A sostegno delle loro tesi, studiosi come Mutti, citano anche particolari ed interessanti trattati della fine del XVIII secolo: Il Nuovo Trattato della Sfera di P. Jacquier e la Nuova Geografia Universale di Padre Claude Buffier. Bene. Nel rappresentare dal punto di vista geopolitico il Vecchio Continente, si evidenziava quella che a quel tempo veniva chiamata “la Turchia europea”, così detta in quanto parte di un’Europa “appartenente al Gran Signore, con a Settentrione la Schiavonia, l’Ungheria, la Polonia, e la Moscovia; a Levante il mare delle Zabacche, lo Stretto dei Dardanelli, e l’Arcipelago; a Mezzodì lo stesso Arcipelago, il mare di Candia, ed il Jonico; a Ponente il Jonico, l’Adriatico e la Germania”. Nel testo i turchi erano descritti come “discendenti dagli sciti che alla testa di Ottomano” stabilitisi sulle rovine degli imperatori greci bizantini. “Essi erano di religione maomettana, pur avendo molti cristiani, per la maggior parte scismatici, obbedienti al Patriarca di Costantinopoli, Capo della Chiesa Greca Orientale ed altri, quali i maroniti (cattolici romani), gli armeni, i georgiani, i giacobiti, cristiani nestoriani, copti ed appartenenti ad altre fedi”.
Tutto questo oltre due secoli fa. “Ma oggi – si domanda Daniele Marconcini rappresentante del Consiglio Regionale Lombardo nella Consulta dell’Emigrazione - esiste ancora una Turchia europea, seppure entro confini più angusti, con legami socio-culturali tali da giustificare l’apertura del negoziato sull’entrata d’Ankara nell’Unione Europea?”. “Partiamo dall’attuale identità “europea” della Turchia. Il presidente francese Chirac ha affermato che i turchi sono “figli di Bisanzio” anche se ambienti conservatori e religiosi turchi respingono con vigore questa definizione, preferendo sottolineando la loro identità turca e mussulmana. Altri, invece, hanno rivendicato l’eredità storica e culturale di Bisanzio, ovvero dell’impero romano d’Oriente, allusione che suggerisce un legame diretto con l’Europa. La conquista di Costantinopoli da parte degli ottomani, la loro avanzata fino a Vienna e l’insediamento nei Balcani dimostrano che la Turchia è già da tempo in Europa. Tanto più che gli ottomani, oltre ai matrimoni con alcune illustri bizantine, hanno conservato molti simboli della stessa Bisanzio: la moneta con l’effigie di Giustiniano o il nome di Istanbul, che deriva dal greco istin polis, “nella città”. Un legame sufficiente per fare affermare ad alcuni che gli ottomani e i turchi d’oggi altro non sono che romani islamizzati. Sull’appartenenza storico-economica all’Europa un’autorevole risposta l’ha già data l’Indipendent Commission on Turkey di cui fanno parte tra gli altri Anthony Giddens, Emma Bonino, Martti Ahtisaari, Bronislaw Geremek. Si tratta di una Commissione formatasi col supporto dell’Open Society Institute e del British Council, con lo scopo di esaminare gli eventuali benefici di un’adesione della Turchia all’UE. Secondo la Commissione “la Turchia è uno stato eurasiatico, la sua cultura e la sua storia sono saldamente intrecciate con il Vecchio Continente. Quindi, la sua adesione all’Unione Europea risulterebbe più che lecita”, anche in considerazione dei grandi passi già compiuti da Kemal Atatürk lungo la strada dell’occidentalizzazione. “La gente non civilizzata – disse il padre della Turchia moderna - è condannata a rimanere sotto la dominazione dei Paesi civilizzati. E la civilizzazione è l’Occidente, cioè il mondo moderno, di cui la Turchia deve far parte se vuole sopravvivere”. “L’entrata della Turchia in Europa – continua Marconcini - dimostrerà all’Occidente che la convivenza tra religioni diverse è possibile in politica, nella cultura e nella vita di tutti i giorni”, come ha recentemente affermato Mustafa Akyol dell’Intercultural Dialogue Platform, un’associazione di intellettuali nata per promuovere e sviluppare il dialogo interreligioso. (…). “Il governo di Ankara dovrà semplicemente adeguarsi ai criteri ai quali tutti i paesi candidati devono attenersi: stabilità istituzionale tale da poter garantire la democrazia, stato di diritto, rispetto dei diritti umani e delle minoranze”.
Secondo lo storico Franco Cardini, grande esperto di cultura islamica, sarebbe insensato impedire alla Turchia di entrare Europa soltanto perché paese mussulmano. L’Europa, pur essendo in maggioranza cristiana, non è infatti un “club cristiano”. In essa vivono molti mussulmani, persone che hanno acquisito diritti civili e, seppure in misura differente, atteggiamenti mentali europei. Cardini è poi convinto della serietà della scelta europea turca rammentando gli sforzi compiuti, a partire dalla fine dell’Ottocento, da organizzazioni nazionaliste e progressiste, come quella dei Giovani Turchi, per avviare un generale processo di modernizzazione, in senso occidentale, dell’impero, o ricordando, anch’egli, il sostanziale successo conseguito poi dalla radicale politica riformista di un Kemal Atatürk. Politica – come ha osservato acutamente Cardini – che oggi verrebbe giudicata fin troppo laicista dalla stessa UE. Per Cardini, un’esclusione della Turchia dall’Europa sarebbe dunque ben poco plausibile. Anche se tra XV e XVIII secolo i dissidi armati tra l’impero ottomano e l’Occidente risultarono sicuramente molto frequenti. “Ma se per assurdo – conclude Cardini -si dovesse assegnare un ruolo qualsiasi nel processo d’integrazione europea al peso delle inimicizie passate, l’Unione Europea non sarebbe mai nata. Basti pensare alle numerose, sanguinose guerre tra gli stati del Vecchio Continente e ai conflitti religiosi tra cattolici e protestanti”.

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