domenica 29 luglio 2012

IL FASCINO DELLE “PIRATESSE”





IL FASCINO DELLE “PIRATESSE”

di Alberto Rosselli

William Kidd, detto Capitan Kidd (1645-1701), Sir Francis Drake (1545-1596), Robert Surcouf  (1773-1827), Jean e Pierre Lafitte (1780–1826), il genovese Giuseppe Bavastro (1760-1833). Questi i nomi di alcuni tra i più famosi corsari e pirati della storia: uomini e marinai formidabili, intrepidi e spesso, secondo il linguaggio cinematografico, duri a morire. Comandanti le cui gesta, legali e illegali (nota è infatti alla gente di mare la differenza tra corsari e pirati) hanno affascinato generazioni di scrittori che, spesso con molta fantasia, hanno dipinto le loro avventure in tante mirabili opere. Meno, purtroppo, è stato invece scritto sulle “piratesse” che al pari dei loro colleghi barbuti e sanguinari hanno lasciato un ricordo altrettanto importante e per molti versi ben più ricco e curioso. La prima “piratessa” di cui si ha memoria pare che fosse una vichinga, tale Alvilda, originaria della Svezia meridionale, che prese il mare per evitare il matrimonio combinato con un non ben definito principe Alf. Refrattaria al sesso maschile e avvezza alla birra, pare che Alvilda comandasse, in braghe e a torso nudo, un drakkar il cui equipaggio era composto da sole donne, tutte vedove o anch’esse allergiche agli uomini. Agli albori del XIX secolo, il Mar della Cina venne invece tartassato dalla bellissima, ma grassissima e sanguinaria “piratessa” taiwanese Ching Shih che era solita indossare i sontuosi panni dei grandi ammiragli dell’Impero Celeste e fare fuori 15 aragoste ad ogni pranzo. Sembra che alla fine della sua lunga e redditizia carriera (morì di congestione intestinale a 82 anni) ella potesse contare su una flotta da guerra e mercantile composta da 1.800 navi di vario tipo e su un esercito di 80.000 uomini.
Nel XVIII secolo, in Europa, al pari degli affari e della politica, anche la pirateria era una pratica essenzialmente riservata agli uomini, al punto che alcune fanciulle francesi e inglesi che si erano cacciate nella testa di solcare gli oceani all’insegna dello stendardo nero, altra scelta non ebbero che abbandonare gonne e scarpette per indossare cappellacci piumati, giubbe e stivali e sfoderare sciabole e coltelli. La monumentale Storia della Marineria Britannica ci tramanda le gesta, assai poco note ma del tutto vere, di alcune di queste “piratesse” che, anche in nome della liberazione della donna dal giogo maschilista, assursero agli onori della cronaca, lasciando dietro di sé una scia di avventure marinare e guerresche, non di rado costellate da sanguinari e gustosi episodi. Pare che fosse una francese, Charlotte de Berry, la prima donna europea ad abbracciare la carriera di pirata. Nata nel 1632 in Inghilterra, Charlotte seguì dapprima il marito a bordo di un vascello pirata, per poi mollarlo e farsi una vita tutta sua. Costretta ad imbarcarsi su una nave da carico diretta in Africa occidentale, Charlotte capeggiò un ammutinamento contro il brutale comandante (al quale mozzò la testa con un colpo di sciabola), impadronendosi della nave e convincendo l’equipaggio a seguirla lungo la rotta che la portò alla pirateria, alla ricchezza e alla morte. Dopo anni di abbordaggi e rapine milionarie, la de Berry scomparve con la sua nave, probabilmente in una tempesta. All’età di 22 anni, l’inglese Mary Read (1690-1720), una graziosa ma robusta ed irruente fanciulla, si accorse di non esser fatta per divenire donna e un giorno sposa, e nutrendo passione per l’avventura e il mare scelse di vivere l’intera sua esistenza nei panni di un corsaro. Rasata a zero e vestita alla morgan, per prima cosa Mary riuscì, non si sa come, ad acchiappare una fregata inglese in rotta verso i Caraibi. Abbordata dalla nave del pirata Jack Rackham (detto il “Calico”), Mary prese la palla al balzo e chiese di unirsi alla ciurma. Richiesta che venne accolta senza alcun problema, non fosse altro perché a bordo della nave si sarebbe trovata in compagnia di un’altra “piratessa”, tale Anne Bonny, che oltre che l’amante di Rackham, era già un’autentica veterana (sarà proprio Anne ad insegnare a Mary tutti i segreti del mestiere). In breve, Mary e Anne divennero “buoni amici” e tra una sbronza di rhum e un abbordaggio diedero vita ad una vera e propria saga. “Le due donne navigavano con grande perizia, bevevano forte, rumoreggiavano e bestemmiavano come un fiume in piena e in combattimento erano solite non fare prigionieri”. La storia narra che, durante un assalto ad un galeone spagnolo carico d’argento, Mary e Anne guidarono l’attacco non prima di avere piantato una pallottola in testa a due loro marinai non sufficientemente lesti nello scattare al loro ordine. Quando nel 1720, al largo della Giamaica, la nave del “Calico” soccombette al confronto di un vascello britannico per imperizia e debolezza del comandante. Mary e Anne, che furono le ultime ad arrendersi (passarono a fil di spada una dozzina di marinai britannici), vennero imprigionate, ma ad esse fu risparmiato il cappio poiché risultarono entrambe incinte. E quando il pirata Rackham venne trascinato sulla forca, la sua intrepida amante Bonny, facendosi largo tra la folla e anziché disperarsi o rincuorarlo gli gridò in faccia “Calico, se tu avessi combattuto da uomo e non da eunuco, ora non saresti costretto a morire come cane!”.

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